Gioco d’azzardo, il regno dell’anarchia. Come spot per il gaming non sarebbe il massimo, e infatti la denuncia arriva da qualcuno che vuole sottolineare come la regolamentazione italiana non sia chiara. Si tratta di Ignazio Abrignani, vicepresidente della Commissione Attività produttive della Camera ed esponente di Scelta Civica. Il suo pensiero può essere riassunto con un un termine che spesso può spaventare, altre volte esaltare, in questo caso preoccupare: anarchia. La situazione statale, evidenzia Abrignani, non è chiara. Se da un lato c’è uno Stato che promette ai cittadini l’aumento di una pressione fiscale nei confronti dei gestori di slot machine, dall’altro una tassazione più pesante significherebbe la fine totale dei giochi. In tutti i sensi. Con i 9 miliardi di euro raccolti nei primi otto mesi del 2016, lo Stato ha privato il gioco d’azzardo ci circa un sesto del volume di gioco totale. Considerando che buona parte del resto viene restituito ai giocatori in termini di vincite, non è difficile capire quanto il margine di profitto non sia poi così esaltante. Le indicazioni dello Stato sugli orari di apertura e sulle distanze sono poco chiare, spesso affidate a un controllo regionale che rimane flebile. Criteri univoci che invece, sottolinea Abrignani, sarebbero fondamentali per una regolamentazione precisa in grado di dare una risposta. Nel frattempo il governo sta cercando di trattare per i prelievi rimasti in sospeso dagli accordi precedenti. Le aziende propongono diverse soluzioni, ma per il momento il punto d’incontro non è ancora stato trovato. Lo Stato ha tutto l’interesse di tutelare i propri introiti, ma non può agire con il pugno duro perché una stangata fiscale sulle imprese porterebbe alla loro chiusura, con effetti disastrosi: perdita di posti di lavori e aumento del gioco illegale. Entrambe vie a cui non si vuole arrivare, consapevoli del fatto che non si potrebbe più tornare indietro. Nel frattempo i dati sui primi otto mesi del 2016 confermano l’aumento di tutti i settori, dal live all’online, come testimonia il report trimestrale pubblicato dal sito www.giochidislots.com. Il Ministero parla di un aumento del 3,6% sulle entrate tributali erariali, del 20,8% per quelle relative al settore dei giochi. L’online continua la sua scalata verso l’Olimpo dell’economia, con previsioni che parlano di 66 miliardi di euro annui entro il 2020. Numeri impressionanti, considerando che a oggi non tocca nemmeno i 20 miliardi ogni dodici mesi. Per quanto riguarda i casinò terrestri invece Venezia ha incassato sui 9 milioni di euro nel solo mese di settembre, contando su circa 60.000 visitatori. In tutto comunque il volume di gioco nei casinò live è arrivato a 218 milioni di euro in un mese, di cui 46,7 soltanto dalle slot machine. In tutto questo il governo pensa a incassare circa 800 milioni di euro per il 2018 con una manovra da applicare l’anno prossimo. I fondi principali arriveranno dalla gara d’appalto delle scommesse, che porterà quasi mezzo miliardo allo Stato. Per il resto si parla di ulteriori rinnovi di concessioni e delle cifre in ballo per il contenzioso aperto con le imprese. Questo è il massimo che ci si può aspettare per i prossimi anni, visto che l’inasprimento fiscale non è da prendere in considerazione. Altrimenti l’anarchia rischia di trasformarsi nella distruzione totale del mondo dell’azzardo. Almeno di quello legale.