Si conferma la “maledizione delle trasferte”: Enrico Letta va in missione all’estero e al suo governo viene la tachicardia, preda delle tensioni provocate dal lavoro (il Jobs Act di Renzi bocciato da Alfano, ma non solo) e dalla legge elettorale (continua la ‘guerra delle agende’ tra il segretario Pd che vuole subito la riforma e il premier Letta che vorrebbe posporla). Ad aggravare il quadro, le grane generate dai singoli ministri che, per dirla con Enrico Letta, non lesinano con i ‘pasticci’. Un’ allarmante reazione a catena che rischia di far saltare in aria l’esecutivo. Ultimo caso, quello del ministro Nunzia De Girolamo, trasformatosi in poche ore in una minacciosa valanga sulla scia di quella che il Nuovo Centrodestra ha definito un ”agguato mediatico tesogli da La Repubblica”.
La ministra, guardata con sospetto per alcune telefonate in libertà su nomine e affari a Benevento ha assicurato che chiarirà tutto in Parlamento. Ma nonostante la difesa a testuggine del suo partito (Ncd) e addirittura di parte dell’opposizione, ossia FI che con il capogruppo alla Camera Renato Brunetta si è detta ”garantista da sempre, anche con i non amici”, la questione ha messo in grande difficoltà il Pd e il premier che ora si trova tra i piedi l’ennesima mina. Tanto più che i renziani sono subito partiti all’attacco sollecitando ”spiegazioni convincenti” da parte della De Girolamo. Ma alla gogna non è stata messa solo la titolare del dicastero dell’Agricoltura; il caso dei due Marò che rischiano in India la pena di morte ha scatenato il centrodestra che continua chiedere la testa di Emma Bonino, accusata di essere ”inerte”. Per non parlare del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, sbertucciato dalle opposizioni che gli chiedono di fare presto le valigie dopo il caos delle tasse sulla casa. Critiche (soprattutto dei renziani) si sono puntate anche sul ministro del lavoro Giovannini dopo le sue riserve sul Jobs Act.
Malumori circondano anche la figura del ministro Flavio Zanonato (bersaniano), la cui presenza nel governo per alcuni non avrebbe più alcun senso politico. Tutti segnali che vanno ad alimentare le voci di un possibile rimpasto, eventualità messa nel conto dallo stesso Letta che ha già fatto sapere che l’argomento è ormai all’ordine del giorno. E’ ripartito così il toto-ministri e tra i nomi per l’Economia è rispuntato quello di Mario Monti (causticamente inserito da Brunetta nelle file dei “morti viventi”) che però ha fatto sapere di non essere disponibile e di puntare invece ad un incarico europeo. Scalpita invece, Renzi, ma – dice lui – non per rimpastare il governo, bensì per mettere il fuoco nelle vene di un governo che ora come ora si muove come un bradipo. Rotta dopo solo 48 ore la tregua, il segretario Pd rimette Letta nel frullatore: il governo così non va, deve ‘cambiare passo’ davvero e gettare alle ortiche il metodo ‘democristianese’. Poi la coltellata finale: ”Enrico non si fida di me”, ma ”sbaglia. Io le cose le dico in faccia”. ”Renzi dice questo? Io invece di lui mi fido…”, porge l’altra guancia Enrico Letta.