Ormai nella Lega Nord si parla da separati in casa: Roberto Maroni da una parte, Umberto Bossi dall’altra. L’eterno delfino del Carroccio mette alla porta il Senatur: “Bossi non ha nessun potere – chiarisce – E la sua presidenza è un ruolo affettivo, il riconoscimento concesso alla sua storia personale”. E a conferma della sua leadership, incontra Silvio Berlusconi a Roma per fare il punto sulla legge elettorale.

Un incontro nel quale il neosegretario ribadisce la posizione del Carroccio a favore di un sistema proporzionale con premio di maggioranza e preferenza unica. Ma che nell’immaginario delle ‘camicie verdi’ si inserisce lungo la linea dei vertici di maggioranza tra le delegazioni leghiste ed il Cavaliere a Palazzo Grazioli che spesso nell’ultimo governo hanno condizionato le sorti della legislatura più’ di un consiglio dei ministri. Insomma, Maroni prende il posto che fu di Bossi. Le parole di Maroni su Bossi non lasciano spazio ad interpretazioni. Dure e amare. Anche se non è dato sapere come siano state accolte dal diretto interessato: Bossi, infatti, non replica. Tace ancora ed all’avanzata del suo successore oppone soltanto una ‘resistenza gandhiana’. C’é Giacomo Chiappori, deputato della vecchia guardia bossiana, che difende il ‘capo’. Ed attacca Maroni: “E’ incredibile come un figlio possa disconoscere l’opera del ‘padre’ “, afferma a Montecitorio il parlamentare ligure. Insomma, il dramma padano ha tutti i contorni di una guerra interna dalle conclusioni più inattese, anche una impensabile (almeno fino a qualche mese fa) ‘scissione’ leghista. Il partito é attraversato da fremiti separatisti, ma stavolta solo interni. Maroni, forse infastidito dalle continue punzecchiature di Bossi, sbaraglia il campo da fraintendimenti sulla guida del partito: “Al congresso – spiega – ho detto chiaramente ai delegati: ‘Se mi eleggete sappiate che voglio pieni poteri sulla linea politica e sulla gestione del partito’. Mi hanno eletto”. Insomma, il partito l’ho conquistato con i voti dei militanti e la linea la detto io. Bossi, dal suo canto, appare impegnato in una guerra di trincea: piccole sortite che innervosiscono l’avversario per poi ritirarsi nel silenzio. Come le dichiarazioni negli incontri pubblici in giro nei feudi leghisti: a corrente alterna dà un colpo alla leadership di Maroni e poco dopo esprime parole di elogio per Bobo. I due vengono descritti da separati in casa anche a Via Bellerio. Maroni impegnato in lunghe riunioni con il nuovo gruppo dirigente per rilanciare il partito e dar vita al ‘Fronte del Nord’; Bossi, chiuso nel suo studio, che riceve le visite dei suoi fedelissimi e fa le pulci al neosegretario. Così l’ex responsabile del Viminale smentisce che il ‘senatur’ abbia ancora poteri di comando e decisionali: “Non è così”, dice seccamente. Una risposta indiretta al ‘capo’ che invece, durante alcuni incontri pubblici, aveva avocato a sé i poteri di reintegro nel partito di chi è stato espulso. A sentire i bossiani, comunque, di “scissioni interne non se ne parla. I panni sporchi si lavano in famiglia”. Al massimo – spiegano – si può creare una corrente come fu quella dei ‘Barbari sognanti’. Sarà. Eppure, in Parlamento tra qualche deputato è sempre più forte il sospetto che in futuro possa nascere una ‘Rifondazione leghista’.

 

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