Mario Monti torna a prendere le distanze dall’agone politico (“non sarò mai un tecnico d’area”, dice) ma contemporaneamente assume posizioni su temi molto sensibili per i partiti: come lo statuto dei lavoratori che secondo il presidente del Consiglio ha contribuito ad impedire la creazione di un numero maggiore di posti di lavoro. Frase che, nonostante la precisazione serale di palazzo Chigi in cui si nega qualsiasi “intento polemico” legato alla attualità politica, fa riesplodere le tensioni con la Cgil.
Scontro che inevitabilmente ha ripercussioni sul Pd, intento in una difficile operazione di mediazione con Nichi Vendola che proprio in difesa dell’articolo 18 dello Statuto ha annunciato di voler indire un referendum. E così nel centrosinistra aumentano gli interrogativi sulle reali intenzioni del premier, insieme ai sospetti di quanti vedono nelle sue ultime uscite il tentativo di mettere in difficoltà l’alleanza Pd-Sel e la prova di un suo collocamento nell’area centrodestra. Proprio ciò che Monti, in pubblico, tiene a smentire: “Non ho mai ispirato al ruolo di tecnico d’area”, si schermisce il capo del governo in video-collegamento da palazzo Chigi con l’Università Roma Tre in occasione di un convegno organizzato dalla ‘Societa’ italiana di scienza politicà. Anche perché, precisa prendendo ulteriormente le distanze dai partiti, “é più facile conquistare e mantenere prestigio a 360 gradi se si è al di fuori della politica”. Monti difende le misure varate dal governo e pur riconoscendo che stanno portando ad un aumento dei prezzi, sottolinea che sono state prese per “evitare il tracollo finanziario”. Spiega che uno studio sull’eventuale uscita dall’euro dall’Italia potrebbe essere interessante se fatto da economisti, ma non dal suo governo perché darebbe un messaggio sbagliato ai cittadini. E corregge il tiro rispetto alle preoccupazioni espresse ieri, dicendosi “molto sereno” circa la volontà dei prossimi governi di dar seguito alle politiche avviate dall’Esecutivo tecnico. Poi però, forse solleticato dall’atmosfera accademica, torna a indossare i panni del professore, assumendo posizioni assai scomode per il Pd. A cominciare dal passaggio sullo Statuto dei lavoratori: certe disposizioni in esso contenute, afferma Monti, pur ispirate all’intento “nobile” di difendere i lavoratori hanno contribuito a “determinare un insufficiente creazione di posti di lavoro”. Quanto all’accusa di guidare un “governo dei banchieri” il premier replica tranchant: “Inviterei coloro che coltivano questa suggestiva caccia alle streghe a guardare in faccia i provvedimenti presi”. Magari è solo un caso, ma proprio Bersani aveva usato quella parola qualche giorno fa per sostenere la necessità che il prossimo governo sia eletto dai cittadini. Infine il premier difende l’operato della pidiellina Maria Stella Gelmini: l’ex ministro dell’Istruzione, sostiene, ha lasciato “una riforma certamente non perfetta e compiuta, ma con dei solidi cardini”. Parole che danno forza ai sospetti di quanti, soprattutto nel Pd (ma anche nel Pdl), vedono un progressivo “smarcamento” di Monti dal centrosinistra. “Le ultime uscite, a partire da quella a Fiesole quando esplicitò la sua vicinanza al Ppe fanno pensare”, spiega un deputato democratico che si chiede come mai, negli ultimi tempi, il professore abbia fatto ripetute “dichiarazioni politiche” che mettono in dificoltà l’unico partito “in grado di vincere le elezioni”. Dubbi e sospetti che si intrecciano con la partita sulla legge elettorale: “Se Pdl e Udc tentassero una riforma che punta solo ad impedirci di governare noi non avremmo interesse a proseguire la legislatura”, spiega un parlamentare del Pd, tornando a ventilare lo spauracchio delle urne anticipate.