Nessun colpo basso, severamente impedito dalle regole del format, ma qualche scintilla soprattutto sul finanziamento pubblico ai partiti e sulle alleanze. Il confronto ‘stile X factor’ tra i 5 candidati alle primarie del centrosinistra conferma le distanze tra gli aspiranti premier che per due ore, tra risposte alle domande e appello finale, hanno chiarito le loro posizioni sui programmi senza coup de teatre né conigli dal cilindro. Preceduti da una breve biografia, Bruno Tabacci, Laura Puppato, Matteo Renzi, Nichi Vendola e Pier Luigi Bersani sono entrati al teatro della Luna, studio milanese di Sky, e si sono sistemati in piedi dietro ad un leggio.

Per gli uomini completo scuro e giacca abbottonata, Bersani non ha rinunciato alla cravatta rossa e Renzi alla camicia bianca. Spicca l’unica donna, Laura Puppato, con un completo scuro con bordo bianco e un filo di perle al collo. Non c’é tempo per l’emozione e il dibattito entra subito nel vivo con il tema scottante delle tasse, dove più volte in passato il centrosinistra è caduto. E qui le distanze vengono subito fuori pur nella sintesi di risposte di un minuto e mezzo: Nichi Vendola propone di adottare una misura simile a quella di Hollande in Francia per la tassazione al 75% dei redditi sopra un milione di euro. “La patrimoniale per chi ha più di un milione di euro va bene ma in Italia sono solo 786” ribatte Matteo Renzi per il quale “l’Italia sta morendo di tasse” e nella lotta all’evasione attacca “Equitalia che ha dato l’impressione di essere forte con i deboli e debole con i forti”. Toni e sostanza che lo allontanano tanto da Vendola quanto da Bersani che punta ad abbassare le tasse per i redditi medio-bassi e sul lavoro ma assicura che non farà mai più condoni e rilancia la patrimoniale, come Laura Puppato, sui grandi patrimoni immobiliari. Il segretario Pd, d’accordo con il leader di Sel sulla tracciabilità del contante a 300 euro, va ancora all’attacco dei paradisi fiscali senza però suscitare la difesa dei banchieri, come avvenuto settimane fa, da parte del sindaco di Firenze. Se lo stile è anche sostanza, la mimica dei candidati segnala le differenze o almeno la dimestichezza con la tv. Renzi appare a suo agio, guarda per lo più in camera e cerca di controllare le mani, gli altri fissano soprattutto il conduttore e gesticolano per ribadire le loro posizioni. Ci pensa Sergio Marchionne a mettere tutti d’accordo nella critica alla sua gestione di Fiat così come non piace la riforma Fornero anche se il sindaco di Firenze la critica ‘da destra’, proponendo la flexsecurity di Pietro Ichino, e Vendola si indigna “stroncandola come uno sfregio alla civiltà del lavoro”. Tutti contro Renzi, invece, riguardo al finanziamento pubblico ai partiti. Il sindaco di Firenze vuole l’abolizione di quello pubblico e il finanziamento da parte di privati come in america. “Non sono d’accordo – ribatte Vendola – che il finanziamento vada diminuito, perché ho paura di una politica finanziata solo dai ricchi”. E qui Renzi si gioca uno dei tre bonus a disposizione per accusare che in Italia i ricchi (leggi Berlusconi) hanno fatto lo stesso politica “anche perché la sinistra non ha fatto la legge sul conflitto di interessi”. E anche Bersani vuole replicare contro il sindaco perché “se in America non è possibile regolare le banche d’affari è perché finanziano la campagna elettorale”. Ma un asse insolito si crea tra Vendola e Renzi sulle alleanze. Se Bruno Tabacci appare convinto, come Bersani, della necessità di unire progressisti e moderati, i due sono contrari. “In questa alleanza non ci dovrebbe essere Casini…di casini ne abbiamo fin troppo”, è la linea del sindaco di Firenze. E nel Pantheon di Vendola c’é il cardinal Carlo Maria Martini ma non il leader centrista, considerato distante anche da Puppato. E alla fine, tra chi (Renzi) invita a “riprenderci il futuro”, chi (Bersani) chiede “un cambiamento forte” e chi (Vendola) chiama al “riscatto dall’Italia berlusconiana”, cala il sipario e i ‘fantastici 5’ si stringono le mani. L’esito della sfida si vedrà ai gazebo il 25 novembre.

 

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