Oltre un milione di votanti alle primarie del Pd: i giovani in testa alle liste. Flop di Gori, passa invece la Bindi. La Finocchiaro in testa a Taranto. IN 45 MILA HANNO VOTATO NELLA CAPITALE – A Roma circa 45 mila persone hanno votato ieri alle primarie del Pd: è il dato registrato dal partito alla chiusura dei seggi, alle ore 21.
Lo ha reso noto con un comunicato il segretario facente funzioni del Pd di Roma Valentina Grippo. “Nella scelta dei parlamentari gli elettori hanno dato un riconoscimento a figure nazionali come Stefano Fassina, impegnato per rimettere al centro dell’agenda del Paese i temi sociali – ha detto il capogruppo del Pd di Roma Umberto Marroni – e hanno premiato il lavoro di questi anni del PD romano e del gruppo consiliare in Campidoglio che si sono impegnati per radicare il consenso dei cittadini nei confronti del PD, portando avanti battaglie di opposizione alla Giunta Alemanno e elaborando al contempo proposte politiche di governo”. “Confermata – ha aggiunto – una partecipazione straordinaria visto anche il periodo delle festività. Inoltre il meccanismo della doppia preferenza di genere dimostra di essere uno strumento importante per valorizzare il ruolo e la forza delle donne nella politica e nelle istituzioni come dimostra la positiva affermazione delle candidate del Pd”. Marroni ha poi ringraziato i militanti e ha rilanciato l’impegno per la vittoria di Pierluigi Bersani e del Pd alle elezioni nazionali e a quelle regionali del Lazio.
JOSEFA IDEM DALL’ORO OLIMPICO AL PARLAMENTO – Dall’oro olimpico allo scranno parlamentare. Ce l’ha fatta Josepha Idem, canoista tedesca di origine ma ravennate di adozione, che ha partecipato ad otto olimpiadi, vincendo a Sydney nel 2000. Da tempo attiva nel Pd, anche con ruoli amministrativi, la Idem è arrivata prima alle primarie nella sua provincia con 9.382 preferenze: ciò che serve per ottenere un posto sicuro in lista. “Lo spirito di fiducia e collaborazione – ha commentato – hanno reso il confronto sereno e sono certa che, da questa prova, nascerà un partito più forte e coeso di prima. Ora tutti al lavoro per vincere le elezioni”.
IN SICILIA FUORI D’ANTONI ENTRA GIOVANE SINDACO – Le primarie del Pd in Sicilia, anche se non vi è ancora nessun dato ufficiale ma solo le voci delle segreterie dei candidati, segnano l’affermazione a Enna del senatore Vladimiro Crisafulli, a Trapani del sen. Antonio Papania, ad Agrigento del deputato Angelo Capodicasa. Fuori è Sergio d’Antoni, arrivato settimo a Palermo, dove si registra la grande affermazione del sindaco di Pollina (Pa) Magda Culotta, 26 anni, e di Davide Faraone, ex deputato regionale. A Palermo successo anche per il sindaco di Marineo Franco Ribaudo e altre due donne: la deputata Alessandra Siragusa e e la consigliera comunale palermitana Teresa Piccione. A Caltanissetta Daniela Cardinale avrebbe battuto l’ex presidente dell’antimafia regionale Lillo Speziale. A Siracusa avrebbe vinto l’ex deputato regionale Pippo Zappulla e a Messina il deputato Francantonio Genovese.
ZAMPA-BOLOGNESI, CASO SU ‘ULTIMO’ POSTO BOLOGNA – Un piccolo giallo rischia di guastare il clima di festa dopo le primarie per la scelta dei parlamentari del Pd: il settimo posto, l’ultimo che teoricamente sarebbe utile per ottenere uno scranno da parlamentare, rischia infatti di essere in bilico. Ad aggiungere tensione il fatto che i due ‘contendenti’ non sono due qualsiasi: si tratta della portavoce di Romano Prodi Sandra Zampa e del presidente dell’associazione delle vittime del 2 agosto Paolo Bolognesi. La querelle nasce dal fatto che, secondo un’interpretazione delle regole, l’alternanza uomo-donna sarebbe partita dal candidato più votato. Quindi, visto che il maggior numero di voti li ha avuti Andrea De Maria, i teorici sette deputati bolognesi sarebbero dovuti essere quattro uomini e tre donne. Tuttavia la donna quarta classificata, Sandra Zampa, ha avuto 5.715 voti, oltre 1.200 in più di Paolo Bolognesi e circa 900 in più di Sergio Lo Giudice, terzo classificato fra gli uomini. La questione sarà rimandata alla direzione regionale che il 5 gennaio stilerà le liste definitive. Il rischio – si fa notare in ambienti Pd – è che una norma pensata per tutelare la parità di genere finisca non solo per penalizzare una donna, ma anche per mettere in discussione un principio democratico. La questione non sarà semplice da risolvere, anche perché chiunque dei due esclusi sarebbe un escluso eccellente.