Fuori Francesco Belsito e, soprattutto, espulsa Rosy Mauro. Roberto Maroni vince la prima battaglia in vista del congresso federale della Lega Nord. I ‘cerchisti’, quasi increduli, vedono cadere uno dei loro ultimi baluardi contro l’avanzata maroniana nel partito. Il ‘no pasaran’ della Mauro, infatti, si limita ora soltanto alla vicepresidenza del Senato, dove ‘Rosy la pasionaria’ sembra voler resistere ad oltranza. E’ questa, infatti, la motivazione alla base della decisione di espellerla dal movimento: la sua ostinazione a non rispettare le decisioni del direttivo leghista che le chiedeva di fare un passo indietro.

E’ stato Maroni, spiega chi era presente al consiglio, ad intimare categoricamente alla Mauro di lasciare la vicepresidenza di Palazzo Madama, ricevendo in risposta l’ennesimo diniego. L’ex ministro è così arrivato a mettere sul piatto le proprie dimissioni se il Consiglio non avesse preso provvedimenti nei confronti di ‘Rosy la ribelle’. L’ultimo tentativo per convincerla a desistere l’ha fatto Umberto Bossi. Ma anche le parole del Capo a poco sono valse. La questione dell’espulsione di Rosy Mauro mette allo scoperto la guerra ancora in corso all’interno del Carroccio. Al di là delle dichiarazioni di circostanza sulla necessità di tenere unito il partito, la corsa alla segreteria ha acuito le divisioni. La resistenza di ‘Rosy la dura’ ha permesso per qualche giorno ai ‘cerchisti’ di organizzare una timida resistenza dopo la ‘bomba’ dello scandalo sull’uso dei fondi del partito. I bossiani speravano che per la senatrice potesse risolversi tutto con una sospensione; ora devono fare i conti con una batosta difficile da digerire. Maroni ottiene una vittoria anche sulla data per il congresso federale: il Consiglio, infatti, ha stabilito che si terrà il 30 giugno ed il primo luglio a Milano. Durante la riunione a via Bellerio c’é stato un braccio di ferro sulla questione. La fazione maroniana, dopo aver ottenuto di anticiparlo dall’autunno a giugno, puntava a farlo quanto prima. I cerchisti, giustificandosi con le difficoltà di organizzarlo in così poco tempo, spingevano per un rinvio a luglio in modo da riorganizzarsi. Alla fine, c’é stata una mediazione che sembra sorridere più ai maroniani che ai cerchisti. Nella bufera sembra finire, invece, Roberto Calderoli. I pm lo tirerebbero in ballo in relazione ad alcune intercettazioni. Lui si difende: “Ben venga. Si faccia subito chiarezza”. Ma queste voci lo rendono più debole nel trimvirato a tutto vantaggio di Maroni. In sordina restano sempre i veneti, anche se ancora una volta Luca Zaia si è schierato a sostegno dell’ipotesi di una segreteria Maroni, ovviamente “se Bossi non dovesse presentarsi”. Non preoccupa l’ostacolo del regolamento che impedirebbe di avere un presidente (Bossi) ed un segretario (Maroni) della stessa regione (o nazione come si dice in leghese). Se necessario, le regole verranno riscritte. La battaglia maroniani-cerchisti potrebbe ora trasferirsi al Senato. La Mauro, infatti, potrebbe essere costretta anche ad abbandonare il gruppo della Lega a Palazzo Madama, senza però che questo la obblighi a lasciare la vicepresidenza dell’Aula. Di certo non mollerà facilmente. Lei, ‘Rosy la terrona’, come l’hanno battezzata i suoi avversari per le sue origini pugliesi, anche al consiglio federale ha tirato fuori il carattere, meridionale. Ha affrontato ‘a muso duro’ i suoi accusatori: “Sono innocente, non ho preso un euro”. Arrivata in automobile in via Bellerio, a differenza di tutti gli altri ha varcato il cancello d’ingresso a piedi. Per di più preceduta da ‘Pier Mosca’, il suo caposcorta ‘accusato’ di essere il suo amante. Alla segreteria federale ha partecipato in qualità di ‘uditore’, non potendo esprimere un voto, ma ha voluto difendersi in prima persona e guardare negli occhi il ‘plotone’ che l’ha condannata.

 

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