La notizia arriva con un bisbiglio a Giorgio Napolitano dal Comandante dei corazzieri, e lui abbandona il sorriso di soddisfazione che non trattiene da quando e’ iniziata la cerimonia: nel Salone delle Feste del Quirinale si insedia il Governo Letta, da lui fortemente voluto e spalleggiato.

Il Presidente, da ex ministro degli interni, non lascia trapelare altre emozioni, ma il clima e’ ormai definitivamente cambiato. Un carabiniere ferito, no forse due, uno e’ grave: di bocca in bocca i neoministri si passano i dettagli della tragedia, mentre i loro portavoce si avvicinano con discrezione alle postazioni televisive, per seguire i canali all-news. Arrivano di rimbalzo anche le voci piu’ preoccupanti, poi per fortuna smentite, e cioe’ che gli attentatori sarebbero in realta’ due, ed uno sarebbe riuscito a fuggire. Non e’ vero, intanto pero’ la sicurezza del Quirinale fa sgomberare la piazza antistante il Portone Principale.

Oggi il Palazzo e’ aperto per le visite dei turisti, e fin dalla mattina in centinaia stanno facendo la fila, sotto un sole da primavera inoltrata. Si mescolano, con i loro bambini in passeggino e gli shorts delle ragazze ancora non abbronzate, alle auto blu (ed una panda rossa: nuova fiammante, ma di cilindrata non va oltre i mille e due) degli invitati di lusso alla cerimonia in cui si celebra la ripresa della politica dopo una crisi durata 61 giorni. Bermuda e grisaglie, sandali e cravatte firmate: il contrasto e’ stridente ma per nulla sgradevole. Sembra anch’esso un effetto creato ad arte, per dimostrare che il paese si svecchia e che i quarantenni entrati nella stanza dei bottoni sono tali e quali a quelli che quelle stanze le vedranno una sola volta nella vita. Dentro altre famiglie. Graziano Del Rio con sei dei suoi nove figli, Josefa Idem con uno dei suoi tre.

Clio Napolitano va a salutare quella che sembra una scolaresca in gita, se non fosse che i ragazzi questa volta sono zitti e composti. Poi, con puntualita’ mitteleuropea, Enrico Letta entra insieme al capo dello Stato ed al segretario generale Donato Marra. Questi legge il verbale, lo invita ad avvicinarsi al tavolo ed a pronunciare la formula di rito. Due secondi dopo, quando Letta appone la sua firma in calce al decreto, Napolitano si scioglie in un sorriso in cui lascia andare tutta la tensione accumulata negli ultimi due mesi.

Missione compiuta: governo fatto, condizioni per la stabilita’ ricreate, l’Italia affidata alle donne e ai giovani. Tutto perfetto. Poi arriva la notizia dell’attacco di fronte a Palazzo Chigi. E’ il primo episodio di violenza che si registra da molti decenni a questa parte, nel rettangolo del potere al centro di Roma che include anche Montecitorio. L’ultimo episodio del genere avvenne cento metri piu’ in la’, all’inizio di via della Missione. Era il luglio del 1948, ed un uomo sparo’ a Palmiro Togliatti.

Un attentato politico, quello a Togliatti. Qui la matrice appare meno chiaramente identificabile, almeno sulle prime. Anche per questo, per capire bene cosa accada, Napolitano non si avvicina alle telecamere per commentare la giornata (come invece aveva fatto il giorno del giuramento di Monti) e si ritira nella Sala degli Specchi, per il saluto formale ai ministri. Questi se ne vanno alla spicciolata: immediatamente Angelino Alfano e Mario Mauro, da oggi titolari dei dicasteri degli Interni e della Difesa, per sincerarsi delle condizioni dei due carabinieri feriti e seguire lo sviluppo delle indagini. Poi tutti gli altri.

Tra gli ultimi i ministri Moavero e Bonino. Escono a piedi, ostentando serenita’ e tranquillita’, ed a piedi scendono da via della Detataria fino a raggiungere Palazzo Chigi. Situazione sotto controllo, ma per il governo neonato e’ il peggior modo per sentirsi rammentare che, da questo momento in poi, iniziano i problemi.

 

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