Il decreto sulla spending review passa l’esame del Senato, dove il governo ottiene la fiducia. Nonostante gli interventi a colpi di emendamento da parte dei senatori il provvedimento ha retto nell’impianto ed entro una settimana dovrebbe essere convertito definitivamente in legge dalla Camera. Ma esso dovrà essere implementato e a settembre, ha annunciato il commissario Enrico Bondi, ci sarà il “redde rationem” per i tagli alle spese degli Enti territoriali.
Il governo si avvia a chiudere entro l’estate i suoi due decreti principali, vale a dire la spending review e il decreto sviluppo. Il secondo approderà giovedì nell’aula del Senato, che ha oggi licenziato il provvedimento sulla revisione della spesa. Questo per certi versi è rivoluzionario perché cerca di restringere la sfera della spesa pubblica, pur lasciando tendenzialmente invariati i servizi pubblici. In tal senso, ha sottolineato il premier Mario Monti, “il decreto non è una nuova manovra”. I tagli hanno comunque colpito diversi soggetti (dal pubblico impiego agli Enti locali, dalle Asl alle società pubbliche) e i senatori si sono fatti interpreti delle varie lobbies evitando qualche taglio, compensato con aumenti di tasse, tariffe e sanzioni. Si va dalle maggiori tasse universitarie per i fuori corso all’aumento dell’Irpef per le otto regioni con un piano di rientro dal debito sanitario, che secondo la Uil costerà in media 138 euro a testa (e in alcuni casi arrivano a 204 euro). Tutte misure che contraddicono la filosofia delle decreto che è, appunto, quello di ridurre la spesa. Il governo, e in particolare il ministro Filippo Patroni Griffi, ha tenuto duro sulle province che, infatti, entro dicembre saranno riordinate e dimezzate, con il coinvolgimento di Regioni e amministratori locali. “Alla fine di questo processo – ha detto Patroni Griffi – il Paese sarà migliore”. Un giudizio positivo arriva da Confindustria, che ha sottolineato che solo grazie a questo metodo si potrà arrivare a una “riduzione strutturale del carico fiscale”. Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, ha invece confermato lo sciopero del pubblico impiego per il 28 settembre. E alla ripresa autunnale, in vista anche della legge di stabilità, ci sarà quello che il commissario alla spending review ha definito “il redde rationem” per gli Enti territoriali. Il suo staff definirà i costi standard per gli acquisti di beni e servizi, unico metodo per evitare i tagli lineari. E ha quel punto, ha spiegato in una audizione in Parlamento, chi spende sopra questi standard “ha da pagare”. Bondi però punta al dialogo con Regioni, Province e comuni, con cui ha avuto finora “una interlocuzione positiva”. “le Regioni, forse perché pressate dalle circostanze – ha detto – sembrano determinate a fare il loro dovere. Il controllo della spesa crea comportamenti virtuosi”. Il commissario ha poi sottolineato un altro elemento: “io non faccio il mio lavoro per abbassare gli standard dei servizi, ma per farli costare di meno”. “Io non conosco ancora tutta la macchina – ha concluso con parole alla Obama – ma dico ‘si’, è possibile risparmiaré”.