“Questo governo non nascerà a tutti i costi, nascerà se ci saranno le condizioni”. La frase pronunciata da Enrico Letta dopo aver ricevuto l’incarico dal presidente Napolitano, fotografa l’atteggiamento con cui egli affronta la scelta della squadra di governo: niente ricatti, ferma restando la volontà di confronto per arrivare a soluzioni forti politicamente e soddisfacenti per tutti i partiti, con un esecutivo snello di 18 ministri come quello di Monti.
Ma sintetizza anche le preoccupazioni del presidente del Consiglio incaricato, traducono alcuni esponenti del Pd a lui vicini, sulla reale volontà di Silvio Berlusconi di far nascere questo governo. Stamattina mentre Enrico Letta saliva al Quirinale, il segretario dal Pdl partivano messaggi chiari sulla volontà di Silvio Berlusconi di alzare al massimo livello il tasso politico del nuovo governo, con una massima attenzione per quanto riguarda la Giustizia. A Napolitano Letta ha spiegato le proprie intenzioni: il tentativo è difficile, il Pd ed io personalmente ci mettiamo la faccia, ma allora le condizioni non le può imporre il Pdl, sia a livello di ministri che di programma. Chiarito con il Capo dello Stato questo punto, il vicesegretario uscente del Pd ha accettato l’incarico e nel pomeriggio si è messo al lavoro anche se le consultazioni formali con gli altri partiti cominceranno solo domani mattina. La questione principale è dare stabilità all’esecutivo a medio-lungo termine, coinvolgendo pienamente tutti i partiti della maggioranza e le varie componenti del Pd. Ma con la condizione, che chiede Letta, che ci sia un certo grado di innovazione oltre a quello dell’esperienza richiesto dai partner europei. Quindi per quanto riguarda il Pdl verrebbero evitati tendenzialmente i ministri dell’ultimo governo Berlusconi, tranne Alfano che è il segretario. Un suo coinvolgimento come vice-premier o alle Riforme, blinderebbe il governo dalla tentazione delle mani libere. A seconda del livello di partecipazione del Pdl dipenderà anche il tipo di coinvolgimento del Pd. E se Alfano accetterà di essere vicepremier, lo sarà anche Mario Mauro di Scelta Civica. Uomini esperti e autorevoli andranno in alcuni dicasteri chiave, come Tesoro, Esteri e Difesa: per via XX Settembre si parla di Fabrizio Saccomanni, Direttore di Bankitalia, e Pier Carlo Padoan, capo economista dell’Ocse. Per la Farnesina cresce il nome di Massimo D’Alema (Mario Monti punterebbe a guidare la Convenzione per le Riforme). Al Viminale ci può essere la conferma di Anna Maria Cancellieri o l’innovazione con Sergio Chiamparino o Graziano Delrio, entrambi in quota Renzi. Altra casella delicata che interessa Berlusconi è la Giustizia: anche qui si spazia da Fernanda Contri, ex giudice costituzionale di area socialista, a Franco Gallo attuale presidente della Consulta, fino a Luciano Violante, il preferito dal Cavaliere. Per gli altri dicasteri il tam tam di Montecitorio trasmette i nomi del ‘montiano’ Lorenzo Dellai, o del socialista Riccardo Nencini o del governatore campano Stefano Caldoro alla Coesione territoriale; di Francesco Boccia (Pd) allo Sviluppo Economico, di Maurizio Lupi (Pdl) alle Infrastrutture. Possibili nuovi ministri del Pdl sono il ‘saggio’ Gaetano Quagliariello o Donato Bruno ai rapporti con il parlamento. All’Agricoltura potrebbe tornare il ministro prodiano Paolo De Castro, così come si parla di una conferma del montiano Renato Balduzzi alla Salute e di Mario Mauro alla Scuola. Ridimensiona i “rumors” lo stesso Letta: “Il Totoministri impazzirà ma dirò tutto quando, se scioglierò la riserva, riferirò al presidente della Repubblica”.