Una sovraesposizione mediatica di Mario Monti e una generale penalizzazione dei piccoli partiti. Sono le lacune principali dell’informazione televisiva rilevate dall’Agcom nelle prime due settimane di campagna elettorale. Nel suo primo intervento da quanto sono in vigore i regolamenti sulla par condicio, il consiglio dell’Autorità bacchetta tutte le emettenti nazionali, evidenziando “diffusi squilibri nella presenza delle forze politiche nei telegiornali diffusi da Rai, Mediaset, Telecom Italia Media e Sky Italia”.

Nessuna sanzione per ora, ma un richiamo per un “riequilibrio immediato” ed una “netta inversione di tendenza”. Regole sì, ma per tutti, compreso Berlusconi, replica Monti, che non cita il Cavaliere ma confida che, “considerato che ci sono anche altri personaggi con forte tendenza e magistrali capacità all’esposizione televisiva, le regole siano fatte rispettare severamente”.

L’Agcom – intervenuta d’ufficio – evidenzia una eccessiva presenza del premier in quanto soggetto politico in Tg1, Tg3, TgLa7 e Sky Tg24: ovunque tranne che su Mediaset. Scarsa, inoltre, la presenza nei tg delle formazioni politiche più piccole, a partire da Italia dei Valori e Udc. Il Pd trova più spazio sul Tg3, mentre il Pdl sorpassa il Pd su Tg5, Studio Aperto e TgLa7, ma non sul Tg4. Il riferimento a Monti è personale perché della sua lista nelle prime due settimane di campagna elettorale era quasi unico rappresentante, mentre negli altri casi si parla delle liste non dei leader. Si salva dalla mannaia solo il Tg2. “La par condicio c’é solo in periodo elettorale ma noi ci alleniamo tutto l’anno”, commenta il direttore della testata, Marcello Masi. L’Agcom, che tornerà a riunirsi giovedì prossimo, potrebbe essere invitata ad occuparsi anche dei confronti televisivi tra Monti, Bersani e Berlusconi che Sky ha annunciato probabilmente per l’8 febbraio e che Canale 5 vorrebbe ospitare. A lamentarsi per l’esclusione è il leader di Rivoluzione Civile Antonio Ingroia. Il regolamento sulla par condicio prevede, in caso di confronti, una generica parità di trattamento tra le forze politiche, che può essere assicurata anche in più trasmissioni. Non è escluso che sul tema arrivino esposti sul tavolo dell’Autorità. Soddisfatta dall’intervento dell’Agcom la Lega, che con Davide Caparini plaude al richiamo “per un immediato riequilibrio delle nostre presenze nei tg e nei programmi di approfondimento politico”. Anche l’Idv, finora “condannata al totale silenzio”, con Pancho Pardi preme perché le testate ora si uniformino al monito dell’Autorità. Dal Pd Roberto Zaccaria avverte: “Non si faccia di tutta l’erba un fascio, in quanto condannando tutte le emittenti si rischia, contestualmente, di assolverle tutte”. Mentre Alessio Butti (Fratelli d’Italia – Centrodestra nazionale), ricorda che “la campagna elettorale non è e non può ridursi ad una corsa a tre”. L’argomento par condicio è stato anche al centro del consiglio di amministrazione della Rai. I vertici di Viale Mazzini nutrono dubbi sull’applicazione del regolamento varata dalla Vigilanza, in particolare in previsione della seconda fase della campagna elettorale che scatterà il 21 gennaio. Tra i punti dolenti le conferenze stampa finali dei leader, previste in prime time su Rai2 nelle ultime due settimane prima del voto del 24 e 25 febbraio, che potrebbero determinare la sospensione di Ballarò. La concomitanza di Sanremo, dal 12 al 16 febbraio, potrebbe inoltre penalizzare l’audience degli interventi dei politici sorteggiati in quella settimana, rispetto a chi andrà in tv nella successiva. Presidente e dg saranno ascoltati dalla bicamerale il 15 gennaio, proprio per consentire ai parlamentari di valutare possibili modifiche al regolamento, come ad esempio al calendario delle conferenze stampa.

 

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