È corsa contro il tempo, ma una piccola luce in fondo al tunnel si comincia ad intravedere. Sono ore concitate quelle che si stanno vivendo a Roma dove il Governo sta elaborando alcuni correttivi alla legge di bilancio, tra cui una misura per il sostegno ai Comuni a rischio crac. A Palazzo San Giacomo dovrebbe andare 1 miliardo di euro, ma in un’ottica pluriennale. Gli aiuti di Stato saranno spalmati in 10 anni. Conti alla mano il Comune dovrebbe ricevere cento milioni all’anno, una cifra ben lontana da quella chiesta dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che avrebbe voluto 600 milioni, ma in tre anni. Intanto ieri dalla conferenza Stato-città e autonomie locali è arrivato un primo segnale. È stato ripartito il fondo di 150 milioni per i capoluoghi delle Città metropolitane con un disavanzo pro-capite nel 2021 superiore ai 700 euro. A Napoli spettano 85 milioni, quasi il 60% delle risorse totali. Gli altri 65 milioni sono distribuiti tra Torino, Palermo e Reggio Calabria. «È la dimostrazione del livello di difficoltà finanziaria della nostra città – spiega l’assessore al Bilancio, Pier Paolo Baretta – si tratta comunque di una boccata di ossigeno importante. Nel frattempo siamo impegnati nel confronto col governo per ottenere un intervento più strutturale di lungo periodo, che ci consentirebbe di mettere a punto una strategia di risanamento e rilancio della città». Andrebbe proprio in questa direzione un ulteriore intervento allo studio del Governo. Una sorta di vestito su misura per le città con debiti monstre, con meccanismi simili a quelli della legge per i Comuni in pre-dissesto. Un’iniezione di liquidità condizionata ad un pacchetto di interventi che il Comune dovrà sostenere su entrate, efficientamento della riscossione, spese e miglioramento dell’assetto amministrativo e delle partecipate, per puntare a riequilibrare i conti dell’Ente. Se dovesse passare la linea dell’esecutivo verrebbero ritirati gli emendamenti presentati dai senatori napoletani. Quello proposto da Valeria Valente (Pd) e firmato anche da Vincenzo Presutto (M5S) prevede che le quote di ammortamento del debito passino in capo allo Stato a partire dal primo gennaio 2022. «Il ministero dell’Economia e delle Finanze – si legge nell’emendamento – è autorizzato a procedere con integrale accollo da parte dello Stato, dei mutui e delle operazioni derivate ad essi connessi e dei prestiti obbligazionari di titolarità dei comuni capoluogo delle città metropolitane». Quello proposto da Presutto punta invece al commissario modello Roma. Ci sarebbe una doppia contabilità: la gestione del debito in capo al commissario e quella ordinaria gestita dal Comune. «Di una cosa sono certo – sottolinea il senatore- a fronte degli aiuti che arriveranno dallo Stato, l’amministrazione dovrà dimostrare una altissima capacità politica e tecnica per risollevare le sorti del Comune, ridare dignità alla città e ai cittadini». Per tenere fede agli impegni contenuti nella norma “salva-Comuni”, a Palazzo San Giacomo potrebbe essere richiesto un cambio di passo rispetto alla gestione delle società partecipate. E come più volte sostenuto da Draghi sarà necessario l’intervento di privati. Una possibilità alla quale Manfredi ha più volte aperto. Basti pensare a quanto detto di recente ad un convegno organizzato da Pwc e da Il Mattino. Rispondendo al direttore Federico Monga, Manfredi ha rimarcato la sua visione rispetto all’ingresso di privati nella gestione delle società in house del Comune: «Non credo che avere un’amministrazione tutta pubblica delle partecipate sia un bene: è una precondizione ideologica. Noi dobbiamo guardare alla qualità del servizio e questa può garantirla sia il pubblico che il privato, in base alla capacità di governo dei vari processi. Se guariamo ai trasporti, oggi c’è un percorso che porta alla messa a gara del servizio. Questo vuol dire che possono partecipare tutti: pubblico e privato». Manfredi poi incalza: «Sono contrario all’approccio ideologico relativo alla risoluzione dei problemi. Non è che se abbiamo il pubblico è cattivo o buono e così il privato. Ci deve essere una competizione perché aiuta, che guardi all’interesse del cittadino. Anche perché parliamo di servizi fondamentali. Non possiamo pensare che la rinascita di Napoli venga solo dall’investimento pubblico».