Omicidi, bombe, sparatorie ed inseguimenti. Si presenta così Napoli a venti giorni dal Natale. Niente allarmismi, sia chiaro. Dalla città né la camorra né la microcriminalità sono mai andate via. Al di là di chi si affanna, quotidianamente, nel tentativo meschino e disonesto, di mascherare la realtà, più o meno tutti sappiamo che si tratta di ordinaria amministrazione. L’ultimo episodio risale a ieri, nell’area nord della città, nel quartiere Ponticelli, dove alcuni uomini hanno sparato colpi di pistola in aria, uno dei quali è finito nella stanza da letto delle figlie di un pregiudicato. Poco dopo, nel tentativo di fermare alcune persone incappucciate, probabilmente responsabili del raid, è scattato un inseguimento al termine del quale la polizia è riuscita a fermare alcune persone sulle quali sono ancora in corso accertamenti. Sarebbe lunga, in realtà, la lista degli ultimi fatti recenti di cronaca, tra sparatorie, bombe ad attività commerciali, “stese”, ferimenti ed omicidi a colpi d’arma da fuoco. Nell’ultima puntata della trasmissione “I dieci comandamenti”, di Domenico Iannaccone, un giornalista residente a Castelvolturno ha dichiarato: “Da quando i casalesi sono spariti grazie ai duri colpi inferti da polizia e magistratura ci siamo liberati della camorra, è vero. Il problema è che lo Stato non si è occupato di riempire lo spazio lasciato vuoto dai casalesi”. Della serie: a questo punto aspettiamo il prossimo clan? In sostanza, i posti di lavoro creati ed amministrati prima dal clan sono semplicemente spariti. Così come è sparita la sicurezza sul territorio, altro ambito di competenza della cosca. Ed è proprio così – sottolineava il giornalista – che qualcuno arriva a dire “era meglio quando c’erano i casalesi”. Cosa succederebbe in una città come Napoli se da un giorno all’altro sparissero tutti i clan, piccoli o grandi che siano, e con essi tutte le attività legali ed illegali che controllano? Chi occuperebbe quel vuoto? Chi ne avrebbe gli strumenti, la volontà, la forza e le competenze? Di certo non le istituzioni. Napoli, giusto per agganciarci ad un altro fatto di cronaca recente, ha un’amministrazione che non è neanche in grado di garantire una degna sistemazione e l’approvvigionamento idrico per decine di famiglie rom. È di pochi giorni fa la notizia delle 60 bottiglie di acqua minerale inviate al campo “abusivo” di Gianturco per 250 persone. Meno di mezzo litro d’acqua a testa. A questo punto ci sarebbe da sorridere, se non fosse per la rabbia, a sentir parlare ancora di cambiamento, per non parlare di chi, addirittura, scomoda paroloni come rivoluzione, accostando il tutto a questo fantomatico rinascimento napoletano. I flussi turistici non sono tutto ed anzi, mal gestiti, possono rappresentare la morte dell’identità di una città, oltre che la distruzione di un intero tessuto sociale popolare che, anomalia delle anomalie, ancora abita il centro antico della città. Insomma, a Napoli, tra Stato ed “Antistato” c’è da mettersi le mani tra i capelli. Oppure, probabilmente, ci sarebbe da rimboccarsi le maniche.

Luca Leva

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