La Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver posto fine all’uso abusivo di contratti a tempo determinato e alle condizioni di lavoro discriminatorie, secondo la direttiva del Consiglio 1999/70/CE. Per la Commissione l’Italia non ha adottato le norme necessarie per vietare la discriminazione in merito alle condizioni di lavoro e l’uso abusivo di successivi contratti a tempo determinato. La Commissione ritiene infatti che la legislazione italiana che determina lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non preveda una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio. E questo costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progressione salariale. Inoltre, contrariamente al diritto dell’Ue, l’Italia non ha adottato misure efficaci per impedire l’uso abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi di personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole statali. Ciò viola il diritto dell’Ue sul lavoro a tempo determinato. La Commissione ha avviato la procedura di infrazione con l’invio di una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da un’ulteriore lettera di costituzione in mora nel dicembre 2020 e da un parere motivato nell’aprile 2023. La decisione di oggi di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea dà seguito alle censure formulate nel parere motivato, poiché la risposta dell’Italia non ha risolto in misura sufficiente le preoccupazioni della Commissione, lasciando aperte un’ulteriore valutazione e possibili azioni future rispetto alla mancanza di misure efficaci per sanzionare e compensare l’abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato in altri ambiti del settore pubblico.

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