Non è arte sua. Gennaro Oliviero sta alla politica come un piromane sta ai vigili del fuoco. Il presidente del consiglio regionale della Campania è l’unico sul globo terracqueo a non aver capito un bel nulla dello spirito congressuale del partito democratico. I candidati alla segreteria Stafano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo concordano, senza distinzioni correntizie, sulla necessità di aprire una fase costituente per ridare ai dem la centralità nella vita politica italiana. Tutti i dirigenti nazionali, di tutte le componenti, non perdono occasione per dire che il Pd deve essere un partito aperto alla partecipazione e quanto più possibile inclusivo. Oliviero, che dà la sensazione di non essersi ripreso dall’elezione alla Camera del suo acerrimo nemico Stefano Graziano (se ne faccia una ragione), sembra vivere sulla Luna. All’indomani dell’appello di Francesco Boccia di “non trasformare il congresso in un rodeo”, il timoniere del parlamentino campano va esattamente nella direzione opposta. Al punto da intestarsi un’altra battaglia folle e farsesca: il ricorso urgente del suo fedelissimo Ciro Marcigliano, presentato alla commissione nazionale di garanzia e a quella regionale, “per l’annullamento della delibera del commissario regionale con la quale viene nominata la commissione provinciale per il congresso di Caserta”. L’ennesimo autogol. Oliviero continua a personalizzare il dibattito. Persevera in una guerra perenne di cui sono stufi tutti. Da Roma all’ultimo Comune della Campania. A maggior ragione nel Casertano dove Oliviero, fin dal suo ingresso nel Pd, ha lavorato esclusivamente per impadronirsi del partito. Ha lanciato un’opa ostile. E gli è andata male. Lui è recintato in Regione Campania. Pina Picierno è vicepresidente del Parlamento europeo e Graziano è capogruppo Pd della commissione Difesa alla Camera. Oliviero non capisce, o non vuol digerire, che lui gioca (pure male) sul terreno locale. Picierno e Graziano orbitano tra Bruxelles, Strasburgo e Roma. Inciso su Ciro Marcigliano. Il consigliere provinciale dem, che fa parte dell’amministrazione comunale di Sessa Aurunca guidata dal sindaco Lorenzo Di Iorio, noto per essere stato un fedelissimo di Nicola Cosentino ai tempi del Pdl, è stato trattato a pesci in faccia proprio dal “suo” primo cittadino. Pochi giorni prima della votazione dei sindaci sul bilancio di previsione della Provincia di Caserta, varato dalla maggioranza di Giorgio Magliocca, leader di Forza Italia di Terra di Lavoro, Marcigliano e i due colleghi del gruppo dem Salvatore Lettera e Stefano Antonio Cioffi hanno sottoscritto una lettera aperta indirizzati ai primi cittadini del Pd per invitarli, per coerenza politica, a non votare lo strumento contabile del centrodestra. Il sindaco Di Iorio non l’ha preso nemmeno in considerazione e ha votato a sostegno di Magliocca. Un politico con un minimo di dignità avrebbe chiesto le dimissioni del suo sindaco. Marcigliano invece, tanto per non cambiare, ha lisciato il pelo a Oliviero e ha presentato ricorso con Silvio Sasso. Ma il capolavoro, che resterà negli annali della politica mondiale, Oliviero lo ha dipinto sempre in quella che una volta era la sua roccaforte, Sessa Aurunca. I consiglieri comunali Carlo Loffredo, Silvio Sasso e Massimo Schiavone hanno chiesto di aderire al gruppo consiliare dem. Un segnale per stemperare il clima in vista del congresso. Qualsiasi persona di buonsenso avrebbe aperto porte e portoni. Sapete che hanno combinato i sessani seguaci di Oliviero? All’unanimità non hanno accolto la richiesta. Del fronte del “no” fanno parte il sindaco Di Iorio, il capogruppo consiliare Brigida Di Marco, e i consiglieri Annalisa De Civita e il tuttofare politico Marcigliano. Mentre il congresso nazionale prende la direzione del confronto sui contenuti ponendo fine ad una autolesionistica resa dei conti, Oliviero e company vanno contromano. Invece di includere, escludono. Invece di allargare i momenti di partecipazioni, li stoppano. Invece di aprire una fase costituente (come indicano i vertici nazionali), continuano a perseguire la logica della caccia all’uomo. Dall’elenco dei firmatari contrari all’adesione di Loffredo, Sasso e Schiavone manca un nome illustre, quello del presidente del consiglio Luciano Di Meo, ex sindaco di Sessa Aurunca, esponente storico del Pd. Come mai non si è accodato agli olivieriani? Probabilmente è stufo delle lotte tra tribù. Guerra sanguinaria confermata dalla richiesta di Franco Sessa, segretario del circolo di Sessa Aurunca, alla commissione regionale per il congresso di “cancellazione dall’elenco degli iscritti del partito democratico di Carlo Loffredo, Silvio Sasso e Massimo Schiavone”. Da Roma arrivano messaggi politici chiarissimi che vanno nella direzione di un confronto serrato sui programmi bandendo le faide tra correnti, a Sessa Aurunca Oliviero usa il napalm per liberarsi di quelli che considera “traditori” perché hanno rifiutato di essere i suoi lacchè. Un abito che calza a pennello degli altri olivieriani sessani. Ma c’è un paradosso nel paradosso: Loffredo, Sasso e Schiavone appoggiano strenuamente la candidatura a segretario di Bonaccini. Sostengono con forza Picierno, indicata come braccio destro del governatore dell’Emilia Romagna. Anche Oliviero sponsorizza Bonaccini. E nel contempo che fa? Sferra un attacco senza precedenti contro altri supporter del candidato alle primarie. Politica manicomiale.

Mario De Michele

LA “CHIUSURA” DEL PD DI SESSA AURUNCA


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