Era l’alba del 7 dicembre 2011 quando gli investigatori della squadra mobile di Napoli e Caserta fecero irruzione nella villetta della famiglia di Vincenzo Inquieto (condannato poi con la moglie Rosaria Massa per favoreggiamento), in via Mascagni a Casapesenna, in provincia di Caserta. Fu lì che, dopo ore di ricerche e picconate, sfondando varie pareti, si arrese e fu catturato il boss dei Casalesi, Michele Zagaria, una latitanza durata per oltre un decennio. L’avvio della demolizione è avvenuto alla presenza del ministro Matteo Piantedosi, del presidente della Regione Vincenzo De Luca, del prefetto Giuseppe Castaldo e del sindaco Marcello De Rosa. “La demolizione della casa del boss Michele Zagaria – ha detto Piantedosi – ha un valore altamente simbolico e pedagogico, io sono qui per raccogliere i meriti altrui, di coloro che nelle istituzioni hanno raccolto le sinergie, come il prefetto, la regione e il comune”. Il sindaco De Rosa fa eco al ministro: “È un giorno da ricordare e fissare nella memoria cittadina per noi e per le generazioni che verranno perché centra l’obiettivo principale di uno dei cardini su cui si fonda il mandato della mia amministrazione dal 2014, ovvero la lotta alla criminalità organizzata, alla prevaricazione, alla mentalità camorristica diffusa nel nostro paese. È solo un piccolo risarcimento – sottolinea il sindaco De Rosa – per tutte quelle persone che hanno sofferto e che continueranno a soffrire per le perdite subite e per i soprusi perpetrati dal clan dei Casalesi ma è una vittoria dello Stato, una vittoria delle persone perbene, una vittoria di chi ha creduto e lavorato in sinergia per tanti anni affinché qualcosa potesse cambiare e finalmente quel momento è arrivato”. Il capo dei Casalesi, che controllava il suo impero comunicando anche attraverso una serie di ‘citofoni’ la cui rete si estendeva per una larga parte della cittadina, e che controllava la zona attraverso un sofisticato sistema di videosorveglianza che aveva il ‘cuore’ in una mansarda della villetta, poteva accedere al resto della casa attraverso una scala che collegava il bunker sotterraneo con una piccola stanza dove era stato sistemato un congegno elettrico che permetteva di spostare il pavimento consentendo l’apertura di una botola. La villetta, sequestrata subito dopo la cattura di Zagaria e acquisita al patrimonio comunale, verrà ora abbattuta, e il bunker tombato, per consentire la costruzione di un parco pubblico. Il progetto, frutto di un’intesa tra il Ministero dell’Interno e la Regione Campania, che ha finanziato l’intervento, verrà portato a esecuzione da unita’ specialistiche del corpo nazionale dei Vigili del fuoco, supportate dalla società in house Sma Campania. Resta irrisolto il mistero della pen drive a forma di cuore, che sarebbe stata rinvenuta proprio nel bunker all’atto dell’arresto e che non è mai comparsa nei verbali di sequestro, gettando un ombra sulla cattura del boss. Ombra amplificata anche da un black out di una trentina di minuti nel filmato girato dai poliziotti che entrarono nel bunker. C’e’ infatti uno strano intervallo tra il filmato della discesa nel bunker e quello successivo, in cui si vede il proprietario del covo che prepara le valige e un poliziotto che passa gli indumenti a Zagaria mentre è in bagno. Per quella vicenda, un poliziotto è sotto processo.

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