E’ aumentata di oltre il 2% rispetto al 2019 l’affluenza alle urne in Abruzzo per le elezioni regionali. Alle precedenti consultazioni alle ore 12 era di 13,33%, oggi è del 15,80%, calcolata sulla base di 1.415 sezioni sulle complessive 1.634. Nel dettaglio, alle 12.40 (fonte Eligendo), in provincia di Chieti (calcolata in 437 sezioni su 460) l’affluenza è di 14,82% (nel 2019 alla stessa ora era del 13,08 in tutte le sezioni); all’Aquila (400 sezioni su 405) è del 16,72% (rispetto al 12,96); a Pescara (tutte le sezioni) è del 16,13% (era del 14,13); a Teramo (tutte le 373 sezioni) è del 16,19 (nel 2019 del 13,46). I seggi per le elezioni regionali in Abruzzo si sono aperti alle 7 e si chiuderanno questa sera alle 23. Al termine inizieranno le operazioni di spoglio. Si va al voto in 305 comuni: il totale dei votanti è pari a 1.208.276 di cui 592.041 uomini e 616.235 donne su una popolazione censita di 1.275.950. Le sedi dei seggi elettorali sono 1.634 di cui 13 ospedaliere. Le sezioni sono a Chieti 460, a L’Aquila 405, a Pescara 396 e a Teramo 373. Alle regionali del 2019 i votanti furono il 53%, un netto calo rispetto alle consultazioni precedenti, quelle del 2014, quando andò a votare il 61,56% degli aventi diritto. Alle più recenti politiche, quelle del 2022, andò alle urne il 63,99% degli abruzzesi. Cinque anni fa Marsilio ottenne il 48,03% dei voti, la sua coalizione il 49,20%. Il candidato del centrosinistra, Giovanni Legnini raggiunse il 31,29%; la sua coalizione, con 7 liste, arrivò al 30,64%. In quell’occasione si presentarono anche Sara Marcozzi per M5s che ottenne il 20,20%, e Stefano Flajani che ebbe lo 0,48%. Solo qualche settimana fa, Marco Marsilio e Luciano D’Amico non avrebbero immaginato di avere i riflettori di tutta Italia puntati sui rispettivi comitati elettorali. I due candidati alla presidenza della Regione Abruzzo, alla vigilia del voto, hanno provato a godersi qualche ora di relax. Ma la tensione è palpabile. Per entrambi non è facile smaltire gli affanni di una corsa all’ultimo voto. Tra viaggi in macchina, palchi, piazze e bagni di folla. E con tutti i protagonisti della politica nazionale accorsi nelle quattro province per sostenerli: la testimonianza che la partita disputata qui non è solo una contesa locale, ma qualcosa di più. A decidere il risultato finale, però, saranno gli elettori abruzzesi. Intanto, nel lungo silenzio elettorale, i leader politici sfogliano pronostici e coltivano speranze. Da una parte e dall’altra, gli occhi sono puntati sui dati dell’affluenza. Con il secondo dato parziale, quello delle 19, che potrebbe già smorzare entusiasmi o accrescere timori. Ora l’Abruzzo è diventato un passaggio che spaventa Giorgia Meloni e può creare danni seri al governo. Di nuovo, come in Sardegna, si presenta al giudizio degli elettori un candidato personale di Meloni. Il centrosinistra, con il campo larghissimo a sostegno di D’amico, crede in una rimonta considerata quasi impossibile all’inizio della competizione. Ma tra le prime battute e gli ultimi infuocati giorni della campagna abruzzese, è arrivato il responso delle urne sarde. “L’effetto Sardegna”, come lo definiscono in molti, ha acceso gli animi e reso sempre più evidente che in Abruzzo si potesse giocare un mini-test per la politica nazionale. La premier Giorgia Meloni, dopo aver forzato sulla candidatura sarda di Paolo Truzzu, mette la faccia su un altro candidato di bandiera: il fedelissimo Marsilio, primo presidente di Regione di FdI. Il centrosinistra evidenzia il nervosismo e la preoccupazione degli avversari, insiste sul fatto che una sconfitta del candidato di Meloni in Abruzzo possa rappresentare un duro colpo per il governo. Ipotesi respinta dai leader del centrodestra, che uniti sul palco di Pescara minimizzano: nessun contraccolpo per la maggioranza. Tuttavia, le urne abruzzesi rimangono un’ulteriore prova, dopo quello sarda, per soppesare gli equilibri interni tra i partiti al governo. Anche in vista delle elezioni europee. Con la Lega che rischia il sorpasso di Forza Italia, e che in caso di crollo dei consensi vedrebbe acuirsi i malumori interni. Il campo larghissimo a sostegno dell’ex rettore dell’UniTeramo, crede invece che il vento sardo possa soffiare anche qui in Abruzzo. Non a caso D’Amico ha scelto di chiudere accanto ad Alessandra Todde una campagna giocata sull’opposizione netta alla destra, nel tentativo di far coincidere, agli occhi degli elettori, il locale con il nazionale, la giunta Marsilio con il governo Meloni. Il centrosinistra rilancia la sua “unità” dall’Abruzzo e vede la possibilità di un riavvicinamento tra il Pd di Elly Schlein e il M5s di Giuseppe Conte. Che si impegnano nella costruzione dell’alternativa di governo e sperano nel voto di opinione degli abruzzesi. È proprio dalle parti di un centrosinistra entusiasta che si guarderà con più insistenza ai dati dell’affluenza, con l’augurio di recuperare terreno nello spicchio dei delusi e degli indecisi. Che l’affluenza possa spostare l’asticella, anche se di poco, è opinione diffusa anche in parte del campo avverso. Ma il centrodestra, dopo una campagna puntata sul buongoverno locale, in continuità con quello nazionale, è convinto: non ci sarà un testa a testa. Un pronostico positivo, dato dalla convinzione di aver costruito liste forti, con candidati che hanno radicato il loro consenso nel territorio. Una cosa è certa. Dal 2010, in Italia, non succedeva che a sfidarsi per un seggio di governatore fossero solo due candidati. Circostanza che ha favorito la polarizzazione della disputa.
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