Come un tormentone estivo, è tornata a circolare l’ipotesi di una misura sugli extraprofitti. Nell’agosto 2023, l’idea prese forma in un consiglio dei ministri: riguardava le banche e avrebbe dovuto portare due miliardi nelle casse dello Stato. Lo spirito dell’iniziativa cambiò in corso d’opera e l’obiettivo sfumò. In queste ore, il governo sarebbe tornato a riflettere su un intervento analogo, che potrebbe riguardare anche altre realtà, come le assicurazioni. Ci sarebbero delle proposte al vaglio, ma la strada è in salita. Nella maggioranza, Forza Italia, come accadde un anno fa,tira il freno a mano. E gli istituti di credito hanno fatto sapere di aspettarsi, nel caso ci sia un provvedimento, che vengano coinvolti anche altri tipi di realtà, come i gruppi energetici. Dagli ambienti di governo si smentisce: “Sono prive di ogni fondamento le ricostruzioni giornalistiche secondo le quali sarebbe attualmente allo studio una norma sugli extraprofitti in alcuni settori dell’economia”. Una riflessione non sarebbe mancata, però: una tassa sui profitti non ha nessuno spazio – sarebbe stata la linea – ma, alla luce di una finanziaria che si prospetta difficile, si potrebbe riflettere su un contributo di solidarietà una tantum da parte delle imprese che, negli ultimi anni, hanno maggiormente guadagnato dalla congiuntura internazionale. Forza Italia ha subito alzato il muro: si tratta di “notizie false su tasse che non ci saranno mai”, ha tagliato corto il capogruppo di Fi al Senato, Maurizio Gasparri. Una storia che si ripete: l’anno scorso, a provvedimento annunciato, gli azzurri non nascosero i loro dubbi. Lo fece anche il mondo finanziario. La presidente di Fininvest, Marina Berlusconi, espresse “grandi perplessità”. Nei giorni scorsi, i toni sono stati simili. “Non ci posso fare niente – ha commentato Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum, gruppo Fininvest – parlare di tasse non piace a nessuno, ma non è certo questa la mia preoccupazione”. Le banche italiane hanno già una “tassazione fra le più alte in assoluto”, gli ha fatto eco l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel. Gli analisti hanno lanciato un alert: i rumor preoccupano gli investitori, l’imposta avrebbe un effetto negativo sulle banche e sull’immagine dell’Italia. Le ipotetiche misure che sarebbero state valutate riguarderebbero, tra l’altro, gli aspetti fiscali, come interventi sulla progressività delle aliquote in base alle risultanze del bilancio netto o su alcuni tipi di profitti, sui margini di intermediazione bancaria o sulle variazioni dei tassi di interesse. Però, ci sono da tener presenti i paletti della Bce, che già l’anno scorso intimò “cautela” e avvertì il governo: la tassa sugli extraprofitti delle banche “non va usata per risanare il bilancio”. Fra le opposizioni, l’ipotesi trova spazi. Il M5s spinge da sempre in quella direzione: Fratelli d’Italia “ha aumentato le tasse su pannolini e assorbenti – ha scritto il presidente Giuseppe Conte – ma non ha tassato gli extraprofitti delle banche”. Il Pd è meno entusiasta, ma non boccia a prescindere un intervento del genere: “Se il governo presenterà una proposta seria, destinando le risorse al finanziamento di priorità vere come la sanità o il cuneo fiscale, noi siamo pronti a discuterne – ha detto il senatore e responsabile Economia del Pd, Antonio Misiani – L’anno scorso annunciarono in pompa magna la tassa sugli extraprofitti delle banche, salvo fare rapidamente retromarcia facendo finire tutto a tarallucci e vino, con gettito zero per le casse dello Stato. Ci risparmino l’ennesima pagliacciata”. Per il portavoce dei Verdi e deputato di Avs Angelo Bonelli, quello di Meloni “è un governo ipocrita, che sino ad oggi non solo non ha tassato gli extraprofitti ma, con le sue politiche, ha fatto aumentare i profitti a banche, società energetiche e del lusso”. Contraria Iv: “L’idea che ci sia un livello di profitto giudicato giusto o sbagliato dallo Stato è roba da Unione Sovietica”, ha detto il deputato di Italia Viva, Luigi Marattin.

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