L’aborto finisce per incrinare anche la compattezza della maggioranza. Alla Camera, poco prima dell’approvazione del decreto Pnrr, viene esaminato un ordine del giorno del Pd che punta a tutelare il diritto all’interruzione di gravidanza nei consultori: la maggioranza lo respinge ma 18 deputati si astengono. Tra questi ci sono ben 15 leghisti, compreso il capogruppo Riccardo Molinari, e un eletto azzurro, Paolo Emilio Russo. Così, l’istantanea del voto fa emergere come i dubbi sull’emendamento di Fratelli d’Italia al decreto Pnrr, che coinvolge nei consultori le realtà che sostengono la maternità (i “pro-life”, denunciano le opposizioni) si siano insinuati nella coalizione di governo. La premier Giorgia Meloni, intanto, parla di “fake news” e accusa: “Chi vuole cambiare la 194 è la sinistra, non noi. Noi – rivendica – vogliamo solo garantire scelte libere”. “Sui temi etici abbiamo lasciato libertà di coscienza e quindi c’è stato chi ha seguito le indicazioni del governo e chi si è astenuto”, chiarisce a stretto giro lo stesso Molinari. E la collega Laura Ravetto rimarca: “Io ritengo che l’ultima parola spetti sempre alla donna e che la 194 non si debba toccare. Si può discutere di migliorare la comunicazione nei consultori”, ma “mai” di “limitare il diritto all’aborto. Era questo il contenuto dell’impegno – cita testualmente -: non restringere il diritto delle donne ad avere accesso ad un’interruzione volontaria di gravidanza. Mi sono astenuta perché non potevo votare contro questo impegno. Ritengo che il governo potesse consentire la votazione per parti separate” di premesse e dispositivo. L’esecutivo aveva prima chiesto l’accantonamento dell’odg dei democratici, però alla fine ha ribadito il parere contrario. L’associazione Pro Vita & Famiglia si dice “stupita” dall’astensione della Lega sul “vergognoso” odg del Pd e annuncia una manifestazione nazionale a Roma per il 22 di giugno. In Forza Italia lo stesso ragionamento dei 15 leghisti ha orientato il voto di Russo e, ieri (su un analogo ordine del giorno del M5S) anche di Deborah Bergamini. Non solo. Se nei giorni scorsi le parole del leader azzurro Antonio Tajani erano state calibrate su toni di distaccato equilibrio (“C’è una legge in Italia che non può certamente essere cambiata” e “non c’è nessuna intenzione di farlo”), più monta la polemica, più Fratelli d’Italia rivendica la scelta compiuta. Che, solo 24 ore fa, ha portato ad un litigio internazionale, con il botta e risposta a distanza tra Meloni e la ministra per l’Uguaglianza spagnola, Ana Redondo. Alla Camera sono scintille tra i dem e il partito della premier. “Governo e maggioranza hanno gettato la maschera. Ma cosa vi hanno fatto di male le donne?”, incalza la democratica Ilenia Malavasi. Per FdI replica Maria Carolina Varchi” che punta il dito contro il “pregiudizio infondato” presente nell’odg del partito democratico verso “talune associazioni del terzo settore, ritenute in grado di incidere in modo violento sulle donne”. Questo emendamento “consente l’applicazione totale delle 194. Se l’unica strada è l’aborto non è libertà”. “Adesso è chiaro – interviene la capogruppo del Pd Chiara Braga -. Non è stata una manina solitaria a far passare quella norma in commissione: il governo si schiera con pro-life”. Intanto, il decreto Pnrr corredato di tutti gli emendamenti passati in commissione, ottiene il via libera dell’Aula della Camera e passa al Senato. Qui, nonostante le speranze dell’opposizione, difficilmente la maggioranza si spaccherà sul serio. Anzi, fonti autorevoli del partito di Matteo Salvini assicurano che non succederà nulla e il provvedimento – che ha ormai incorporato l’emendamento di FdI – passerà liscio. Ma, intanto, sebbene fosse solo un ordine del giorno, su un tema delicatissimo come l’aborto e l’autodeterminazione delle donne nella maggioranza si è scavato un solco.

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