L’antisemitismo “è un cancro che si deve sconfiggere”, ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, alla presentazione del libro Photoansa 2023. L’antisemitismo “è un fenomeno che deve preoccuparci, contro il quale bisogna lavorare a ogni livello – ha aggiunto -. Dopo gli attacchi di Hamas ci siamo preoccupati di rafforzare le misure di protezione alle comunità ebraiche. La questione è culturale, deve riguardare tutti e deve avere da parte di tutti noi il massimo della concentrazione”. Sul conflitto in corso nel Medio Oriente “penso che non si possa trattarlo se non si riparte dall’orrore di Hamas, dalla ferocia disumana che non ha risparmiato donne e bambini e che racconta la disumanizzazione dell’altro e io penso che debba essere condannata senza ambiguità perché se ci abituiamo all’orrore, abbiamo un problema serio”. “Bisogna darsi dei tempi – ha aggiunto la premier Meloni -, l’Unione europea può giocare un ruolo non secondario, e un ruolo importante lo gioca l’Autorità nazionale palestinese, a cui dobbiamo restituire un ruolo. L’altra priorità a cui ci stiamo dedicando è quella degli aiuti militari, per la situazione a Gaza. È molto importante che si continui a fare questo lavoro con le altre nazioni per una de-escalation. E poi c’è l’interlocuzione con Israele che continua in modo costante. Dobbiamo lavorare con responsabilità la crisi non diventi il conflitto che secondo me Hamas voleva procurare”. “E’ giusto continuare a sostenere l’Ucraina – ha spiegato poi la presidente del Consiglio -, banalmente perché se consentiamo che saltino le regole del diritto internazionale gli scenari di crisi si moltiplicheranno”. “Capisco le difficoltà, ma sarebbe un errore fare un passo indietro, la condizione base per arrivare a qualsiasi forma di soluzione di questo conflitto sia consentire all’Ucraina di essere competitiva se non c’è equilibrio fra le forze in campo – e non ci sarebbe stato se non avessimo dato il contributo che abbiamo dato – non c’è alcuna ragione di sedersi a un tavolo per trovare una soluzione”. Per quanto riguardo il Patto di stabilità, “il tema per noi è degli investimenti – ha aggiunto Meloni -. Dopo di ché la trattativa è aperta, noi stiamo portando avanti un approccio pragmatico e credo che non si possa dire di sì a un Patto di stabilità che nessuno Stato potrebbe rispettare perché non sarebbe serio da parte nostra. Io vedo spiragli per una soluzione seria che tenga conto del contesto in cui operiamo”. “L’Italia chiede una cosa banale: che gli investimenti fatti, anche incentivati dall’Ue, su alcune materie strategiche, vengano riconosciuti nella regole della governance. Non mi pare di dire una cosa folle se dico che non si può chiedere di insistere su certe priorità e dall’altro stabilire regole di governance che puniscono. Il tema per noi è quello degli investimenti”, ha tra l’altro detto la presidente del Consiglio. In Ue, sul patto di stabilità “l’Italia sta tenendo una posizione che non è il tentativo di modificare il patto per spendere liberamente, abbiamo dimostrato la serietà con cui affrontiamo le materie di bilancio. La questione che poniamo va nell’interesse dell’Italia e dell’Ue”. “La riforma del patto di stabilità non è specificamente uno dei punti all’ordine del giorno del Consiglio europeo. C’è stato un Ecofin che ha rinviato a un’ulteriore riunione dell’Ecofin la decisione definitiva. Ma è il tema che ci impegna di più, è una trattativa molto serrata e penso che la posizione italiana sia chiara, viene compresa e rispettata. Non so fino a dove si arriverà nel tentativo di trovare una sintesi fra posizioni distanti che in partenza sono distanti”. “Quello su Mes è un dibattito molto italiano e anche molto ideologico, testimonia la strumentalità di certe posizioni: non si può parlare di Mes se non si conosce il contesto. Certe dichiarazioni mi fanno sorridere, come la segretaria del Pd Elly Schlein che dice ‘non possiamo tenere ferma tutta Europa’. Forse non sa che il Mes esiste, chi lo vuole attivare lo può tranquillamente attivare. Forse bisogna interrogarsi sul perché, in un momento in cui tutti facciamo i salti mortali per reperire risorse, nessuno vuole attivarlo: questo sarebbe il dibattito da aprire”. “Un governo serio tiene conto del contesto, e in quel contesto fa calare degli strumenti. Perché parliamo di strumenti e non di totem ideologici. E io così ragiono. Quando saprò quale è il contesto nel quale mi muovo saprò anche che cosa secondo me bisogna fare del Mes”. “Fermo restando – ha proseguito la premier – che continuo a ritenere il Mes uno strumento che ad oggi non è stato utilizzato neanche quando era stata attivata una linea di credito durante la pandemia, che aveva minori condizionalità, perché purtroppo è uno strumento rispetto al quale gli Stati, prima di accedere, si pongono il problema di che tipo di messaggio danno al resto del mondo. È un tema che secondo me va valutato, perché sono molte risorse che si rischia di tenere ferme, non utilizzate, quando potrebbero essere utilizzate magari in maniera più efficace”. Arriva la replica della segretaria Pd, Elly Schlein, sul Mes: “Giorgia Meloni fa il gioco delle tre carte. È troppo occupata a difendere una manovra economica indifendibile e dimentica i fatti. Primo: quello di cui discute non è l’attivazione del Mes ma la ratifica del trattato che lo modifica. Secondo: 26 Paesi su 27 hanno già ratificato le modifiche. Sono Paesi governati da coalizioni di ogni colore politico. Terzo fatto: rimane solo l’Italia, perché la destra è prigioniera della sua propaganda ideologica”. “Governare implica assumersi delle responsabilità. Ratificare le modifiche al Mes non significa chiederne l’attivazione, ma non impedire agli altri Paesi di accedervi. Se non è in grado nemmeno di spiegare questa differenza, non è adatta al suo mestiere”, ha aggiunto Schlein. “Noi siamo comunque convinti che anche questa pantomima finirà e Giorgia Meloni si rimangerà anche questa promessa elettorale, come è finita per le accise sulla benzina, sui tagli alle pensioni e alla sanità”.
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