Niente rinnovo del consiglio di amministrazione Rai prima della riforma della governance. L’opposizione compatta, dopo il rinvio delle nomine alla ripresa dell’attività parlamentare nella seconda settimana di settembre, mette nero su bianco la propria linea, facendo capire che non sarà facile, anche al rientro dalle vacanze, trovare un accordo bipartisan, se non si avvierà una discussione più ampia sul futuro della tv pubblica. Sembra così consolidarsi il campo largo, almeno in tema di servizio pubblico. “Appare evidente l’impasse sull’assetto dei nuovi vertici di viale Mazzini. Come forze di opposizione invitiamo la maggioranza a lavorare sin da subito alla riforma della governance aziendale”, si legge in un appello firmato dai capigruppo di opposizione in commissione di Vigilanza: Stefano Graziano (Pd), Dario Carotenuto (M5s), Maria Elena Boschi (Iv), Angelo Bonelli (Avs), Giuseppe De Cristofaro (Avs), Maria Stella Gelmini (Az). “Con il via libera, avvenuto lo scorso marzo, da parte del Parlamento europeo al Media Freedom Act, l’attuale legge che governa la Rai appare superata e necessita di una riforma che vada nella direzione di recepire la legge europea per la libertà dei media”, spiegano ancora i firmatari, ricordando che “quand’anche si procedesse alla nomina dei nuovi vertici con l’attuale criterio, entro il 2025 comunque bisognerebbe procedere ad una revisione imposta proprio dalla normativa comunitaria”. Da qui la richiesta di avviare un confronto sulle regole prima delle nomine. L’intesa con l’opposizione è necessaria in primo luogo per il raggiungimento del quorum dei due terzi in commissione di Vigilanza previsto per l’entrata in carica del presidente. Proprio l’annuncio della minoranza di voler disertare l’aula di San Macuto in caso di voto, per mettere così un freno ai possibili franchi tiratori pronti a sfruttare il voto segreto, è stato uno dei motivi che hanno impedito alla maggioranza di procedere spedita sul disegno che prevede la nomina di Giampaolo Rossi, in quota Fratelli d’Italia, come amministratore delegato, e di Simona Agnes, in quota Forza Italia, come presidente. La maggioranza, che può contare su 24 voti nella bicamerale, faceva affidamento sul sostegno di Azione e Italia Viva per raggiungere la soglia delle 28 preferenze, ma entrambi i partiti si sono schierati con il resto della minoranza. Ora bisognerà vedere se Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini si diranno disponibili al confronto sulla riforma. Almeno a parole, nella scorse settimane, avevano sostenuto di essere aperti al dialogo, anche perché la legge non era stata approvata da un governo di centrodestra, ma dall’esecutivo guidato da Matteo Renzi nel 2015. È possibile che domani, in occasione del Consiglio dei ministri, i tre leader affrontino l’argomento. “Non è previsto nessun vertice, tant’è che per la Rai – spiega Tajani – non si vota adesso. Ci vedremo in Cdm domani, ma non è previsto nessun incontro in queste ore”. L’opposizione fa sapere che si potrebbero “gettare le basi del confronto parlamentare negli Stati generali della Rai dove possano partecipare istituzioni, forze politiche e sociali interessate al rilancio del servizio pubblico”. Anche l’Usigrai chiede che si avvii la riforma. “Da settimane la Rai è ferma nella palude. Da settimane assistiamo a un ignobile mercato delle vacche – si legge in una nota -. La Rai è un patrimonio del Paese: va tolta dal controllo dei partiti (tutti), affidata a manager preparati e indipendenti, nell’esclusivo interesse dei cittadini”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui