I conti non tornano. All’appello mancano 3 milioni di euro. Una cifra stratosferica che ammonta al 22% del fatturato prodotto dall’Acquedotti Scpa nel 2018. Per liquidare con una battuta il caso, l’ennesimo che getta ombre sulla società idrica, si potrebbe dire che con un amministratore delegato come Pasquale Di Gennaro è già un miracolo che i rubinetti non siano ancora completamente rimasti a secco. A fronte di un curriculum striminzito da architetto di paese, l’ex sindaco di Frattamaggiore è dal 2002 ininterrottamente il deus ex machina di un’azienda che fin dalla sua nascita è stata sbilanciata, in termini di profitti, a favore del socio privato a danno della parte pubblica che peraltro detiene il 51% delle quote. Il restante 49% se l’è assicurato l’Ottogas del pariolino Luca Rivetti. L’Acquedotti è composta dai Comuni di Orta di Atella (37,75%), Acerra (4,00%), Melito (3,00%), Grumo Nevano (2,00%), Qualiano (2,00%), Casandrino (1,00%), Cancello ed Arnone (0,50%), Alvignano (0,42%), Castel Morrone (0,33%). Da pochi mesi è entrato nella società anche Sant’Arpino che ha acquisito, facendo “carte false”, una piccola quota da Orta di Atella, socio di maggioranza delle azioni pubbliche.
Ritorniamo alla sparizione milionaria. La società nel 2018 ha fatto registrare un utile di esercizio di 3 milioni e 200mila euro. Ma il profitto reale è pari a soli 200mila euro perché non sono stati incassati crediti pregressi e insolvibili per ben 3 milioni. Il dinosauro Di Gennaro ha trovato una soluzione geniale: scaricare sui contribuenti i buchi creati da una gestione allegra e creativa. Gestione palesemente basata sulla socializzazione delle perdite e sulla privatizzazione dei guadagni. In parole povere quando si tratta di mettere mano al portafogli si attinge dalle tasche dei cittadini, mentre i profitti finiscono puntualmente nelle casse dell’Ottogas. Come? Sempre col solito gioco al massacro tributario. Il bilancio 2018 si è chiuso sulla carta con un utile di 3 milioni e 200mila euro attraverso l’aumento delle tariffe. L’impennata delle tasse è servita a eliminare dall’esercizio finanziario i crediti non più esigibili. Invece di colpire i morosi e generare un management del servizio più efficiente si è spalmato il mancato incasso su tutti i contribuenti. Il risultato? Scontato. Chi ha sempre pagato verserà i tributi anche per chi invece ha evaso le tasse. Gira e rigira i 3 milioni di cui si sono perse le tracce sono stati recuperati tutti a spese della parte pubblica (i Comuni).
L’altra trovata del dinosauro Di Gennaro e del pariolino Rivetti è da premio Nobel per l’economia (privata). I 3 milioni di dubbia esigibilità sono stati ceduti alla Crearci, società di riscossione per conto dell’Acquedotti. Sui soldi recuperati la Crearci incassa un aggio, cioè una percentuale per ogni euro riscosso. Come è stato affidato il servizio di riscossione alla Crearci? Con affidamento diretto o tramite una regolare gara? E soprattutto da chi è formata la Crearci? Se venisse a galla, prima o poi accadrà, che i membri della società di riscossione sono in qualche modo riconducibili alla Ottogas la matassa dei sospetti sarebbe difficile da sbrogliare. Sorgerebbe il dubbio, ad esempio, che il mancato incasso di chi è moroso non sia un caso ma scientificamente favorito a tavolino per consentire da un lato di spalmare le perdite sui contribuenti virtuosi, dall’altro di recuperare il recuperabile tramite la Crearci che si metterebbe in saccoccia la percentuale per la riscossione.
Nelle prossime puntate dell’inchiesta di Campania Notizie smaschereremo tutti i doppiogiochisti che si fanno forti perché protetti da pezzi grossi. Nel frattempo spetta al presidente dell’Acquedotti Paolo Barba e alla commissione straordinaria fare chiarezza in tempi rapidi. In ballo ci sono i soldi dei cittadini.
Mario De Michele
(continua…)