Le milizie a guida jihadista sono entrate a Damasco, capitale della Siria. L’esercito ha abbandonato l’aeroporto e i militari in città si sono arresi. Molti festeggiano in strada. Sono state aperte le porte del carcere “delle torture” di Sednaya, simbolo del potere di Assad. Le milizie controllano radio e tv pubblica e hanno annunciato che il primo ministro resterà in carica per assicurare il “passaggio di consegne”. Il ministero degli Esteri della Russia ha confermato che Bashar al Assad ha lasciato la Siria. In una comunicazione diffusa anche online si aggiunge che il presidente ha dato indicazioni per un trasferimento del potere pacifico. Il ministero non ha fornito riferimenti su dove si trovi al Assad e ha invece sottolineato che Mosca non ha preso parte a trattative relative alla fuoriuscita del presidente. Nel confermare che Assad ha lasciato la Siria, la Russia ha annunciato che il rais “si è dimesso dal suo incarico” da presidente. “A seguito dei negoziati tra Assad e alcuni partecipanti al conflitto armato sul territorio della Siria, Assad ha deciso di lasciare la carica presidenziale e ha lasciato il Paese, dando istruzioni per effettuare pacificamente il trasferimento del potere”, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri russo. “La Russia non ha partecipato a questi negoziati”, si sottolinea nella nota. L’agenzia russa Ria Novosti riferisce, citando “testimoni oculari”, che “saccheggi di massa” sono in corso a Damasco nei quartieri dove sono situate le sedi governative.

“È un giorno storico per il Medio Oriente: il regime di Assad è un anello centrale della catena del male di Iran, questo regime è caduto. Questo è il risultato diretto dei colpi che abbiamo inflitto all’Iran e a Hezbollah, i principali sostenitori del regime di Assad. Questo ha creato una reazione a catena in tutto il Medio Oriente di tutti coloro che vogliono liberarsi da oppressione e tirannia”. Lo ha dichiarato il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, in visita questa mattina al Monte Bental nel Golan, da dove si vede la Siria. “Questo crea nuove opportunità, molto importanti per Israele, ma non prive di rischi”, ha aggiunto.

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