di Nicola del Piano Il Ministro della giustizia afferma che ci troviamo nel bel mezzo di una nuova “tangentopoli”, più grave di quella di quattro lustri fa, perché pone il fianco a richieste pubbliche di sacrifici privati. Feste mascherate, fiumi di alcol, legami più o meno stretti a lise poltrone. Atavici comportamenti di un’Italietta già conosciuta. Inquadrando, seppur in generale, i reati contro la pubblica amministrazione, essi sono previsti dal libro II titolo II CP e si dividono in tre Capi.
I primi due di questi riguardano i delitti dei pubblici ufficiali contro la PA e i delitti dei privati contro la PA. Al Capo III, il Codice, con gli artt. 357, 358, 359 e 360, sancisce le nozioni di Pubblico Ufficiale, dell’incaricato di Pubblico Servizio e di persone esercenti un Servizio di pubblica necessità. Per l’art. 357 c.p., agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Nella sentenza del luglio 1998, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che per individuare se l’attività svolta da una persona possa essere qualificata come pubblica, è necessario verificare se è disciplinata da norme di diritto pubblico. Il nostro ordinamento prevede, all’art. 314 c.p., la norma che disciplina il delitto di peculato, la quale afferma che il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, per ragione del suo ufficio o servizio (in conseguenza della funzione giuridica espletata), si appropria ovvero s’impossessa di danaro o altra cosa mobile altrui, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. Il bene tutelato, in questo caso, è la legalità, l’efficienza, l’imparzialità e il patrimonio della PA. L’art. 318 c.p. disciplina, poi, il delitto di corruzione (passiva) per un atto d’ufficio. Il Pubblico Ufficiale, che per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro od altra utilità (cd. prezzo del reato), una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se il Pubblico Ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione inferiore o uguale ad un anno. Il delitto di corruzione ha, in generale, due forme principali: a) attiva, consistente nella condotta di induzione alla corruzione (art. 321 c.p.) e b) passiva, consistente nel fatto di farsi corrompere (artt. 318, 319 e 319-ter c.p.). La Cass., in una sentenza del maggio 2006, ha affermato che esso è un delitto plurisoggettivo, a concorso necessario e bilaterale (costituendo così un reato unico), nel quale l’elemento materiale è costituito dalle condotte convergenti del corruttore e del corrotto: solo se entrambe sussistono, il reato si configura. In molte classificazioni internazionali, l’Italia è sinonimo di corruzione. Un rapporto del gennaio scorso della Commissione per lo studio e l’elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, istituita dall’attuale ministro per la Pubblica Amministrazione Patroni Griffi, riporta che in Italia la diffusione della corruzione nella pubblica amministrazione, ha assunto proporzioni di assoluta gravità, riferendo, in particolare, quanto contenuto nel Rapporto Greco (Group of States against corruption) del 2011: “La corruzione è profondamente radicata in diverse aree della pubblica amministrazione, nella società civile, così come nel settore privato. Il pagamento delle tangenti sembra pratica comune per ottenere licenze e permessi, contratti pubblici, finanziamenti, per superare gli esami universitari, esercitare la professione medica, stringere accordi nel mondo calcistico, ecc. (…). La corruzione in Italia è un fenomeno pervasivo e sistemico che influenza la società nel suo complesso”. Ancora una volta, se da un lato il malcostume identifica una buona parte della popolazione, ponendo la classe politica quale specchio e immagine di buona parte del Paese, dall’altro, la forza nel contrastare questi atteggiamenti criminali, non può che derivare dalla politica, dalle sue possibili e quanto mai urgenti decisioni e dalla sua intrinseca possibilità di intervento.