di Nicola del Piano
Tra i disturbi legati alla sfera sessuale, occorre distinguere tra quelli che rimangono nell’ambito della “libido” e quelli che si concretizzano in azioni delittuose. In tal senso, è da poco entrata nel nostro ordinamento la parola “pedofilia”.
Con la ratifica della Convenzione di Lanzarote, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 12 luglio 2007, infatti, i paesi aderenti si impegnano a rafforzare la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, adottando criteri e misure comuni sia per la prevenzione del fenomeno, sia per il perseguimento dei rei, nonché per la tutela delle vittime.
Il nuovo articolo 414 bis c.p. punisce con la reclusione da tre a cinque anni chiunque, con qualsiasi mezzo, anche telematico e con qualsiasi forma di espressione, istiga a commettere reati di prostituzione minorile, di pornografia minorile e detenzione di materiale pedopornografico, di violenza sessuale nei confronti di bambini e di corruzione di minore. Alla medesima pena sarà sottoposto anche chi “pubblicamente, fa apologia di questi delitti”.
L’art. 609 undecies c.p., sotto il titolo di “Adescamento di minorenni – grooming”, stabilisce che per “adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete Internet o di altre reti o mezzi di comunicazione” e che tale condotta sia punita con la pena da uno a tre anni.
Sono stati introdotti, quindi, due reati: l’istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia e l’adescamento di minorenni. E sono state previste pene più severe per tutta una serie di altri reati: dai delitti di maltrattamenti in famiglia a danno di minori ai reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati a sfondo sessuale a danno di minori.
L’obiettivo è contrastare quei reati che, come la pedopornografia, sempre più spesso, vengono compiuti con l’ausilio delle moderne tecnologie e sono consumati al di fuori dei confini nazionali del Paese di origine del reo. Come per tutto il diritto che diviene “comunitario”, anche in questo caso, il passo in avanti è rappresentato dalla collaborazione tra gli Stati che, con mezzi ancora più incisivi, potranno meglio combattere questi gravi reati.
All’attività punitiva appare necessario, comunque, far seguire seri interventi sanitari verso quelle condotte morbose e fortemente inficiate dal tempo e dalla stessa mancanza di cura, identificando bene quelle azioni che sono illecite, ma che rimangono “disturbi psichici”. Il dolo, dunque, sembra a tratti sfuggire ad una chiara identificazione, per lasciar spazio a comportamenti che gridano aiuto e che, se ignorati, provocherebbero danni enormi e addirittura non realmente quantificabili, maglie di una catena senza fine.