di Ginorossi

“L’uomo che non ha la musica nel cuore ed è insensibile ai melodiosi accordi è adatto a tradimenti, inganni e rapine; i moti del suo animo sono spenti come la notte, e i suoi appetiti sono tenebrosi come l’Erebo: non fidarti di lui”. (William Shakespeare, Il mercante di Venezia).

In uno dei nostri primi incontri Peppe mi ha spiegato che la differenza tra la nostra musica e quella americana, di colore in particolare, sta nel ritmo. La musica dei bianchi è eseguita in “battere”, quella dei neri in “levare”.

A sostegno di questa tesi portò a esempio che tale differenza ritmica si evince finanche nel modo di camminare.Noi bianchi lo facciamo in “battere” poggiando i talloni a terra, i neri americani camminano in “levare”, cioè quasi senza poggiarli. A ben vedere se ci si fa caso, è effettivamente così. La maggior parte dei neri quando cammina sembra che ballino. Quel portare una gamba davanti all’altra quasi ondeggiando esprime un innato ritmo musicale.

Ho ricordato quest’aneddoto per rilevare che ci troviamo di fronte ad un artista il cui DNA musicale è totalmente “made in USA”. Giuseppe di Lucca, diventato famoso, come “Peppe o’ Blues” nasce a Pomigliano d’Arco dove per caso all’età di undici anni ha l’opportunità di ascoltare un disco di John Lee Hooker, uno dei padri del blues, e quel momento lo cattura a tal punto che capisce di aver trovato la sua strada: la musica e il blues. A tredici anni compra la sua prima chitarra e impara a suonarla a orecchio.

Negli anni successivi decide poi di fare le cose seriamente e s’iscrive a una scuola di musica jazz. Poiché è musicalmente molto dotato, vince una borsa di studio a Boston (USA) al Berklee College of Music. Lì, oltre allo studio, vive importanti esperienze con musicisti jazz del livello di Kevin Eubanks, Jim Kelly, Al De Fino e altri importanti jazzisti dai quali apprende la tecnica musicale strumentale e teorica tanto che al rientro in Italia nel 1984 entra a far parte della Big Band Umbria Jazz.

L’anno successivo è già sul palco dell’importante rassegna musicale umbra, per esibirsi prima di Steve Ray Vaughan. Qualche anno dopo decide di ritornare negli Usa a New York per fare “gavetta” nei locali jazz e blues, dove completa la sua maturazione e affina ulteriormente il suo stile chitarristico. Al rientro in Italia dopo varie esperienze jazzistiche ritorna alla sua passione giovanile: il Blues. Crea così il suo primo trio “Hell’s Cobra Blues Band”, con il quale produce un rock-blues molto sanguigno che si rifà allo stile e le sonorità di Jimi Hendrix, sua vera e propria stella polare musicale. Con gli “Hell’s Cobra” incide i due suoi unici album “ Living On The Road” e “In The Name of Love”, (scaricabili gratis dal suo sito).

Living on the road (1997) è un album che contiene brani originali e cover, dove Peppe mette in mostra tutte sue enormi doti chitarristiche di bluesman maturate nel corso degli anni. Il disco si apre con il brano che dà il titolo all’album, un funky-blues molto trascinante nello stile Chicago blues. Qui Peppe sfodera un “assolo” di grande feeling dimostrandosi a mio avviso uno dei più bravi chitarristi italiani in assoluto. Prosegue con i brani “Miss You” dei Rolling Stones, anch’esso arrangiato in stile funky, “Shake Your Booty”, “Lady Sunshine”, “Something Burning Inside Me”, “Born Under a Bad Sign” (resa celebre da un altro grande del blues Albert King), “Help Me”, “So Bad”.

Rende poi omaggio alle sue “muse ispiratrice”: a Jimi Hendrix dedita due famose cover “Little Wing” secondo me fra le più convincenti versioni incise e “Hey Joe”, dove, in vero e proprio stile hendrixiano, fa sfoggio della grande padronanza dello strumento e un uso del Wha-Wha degno di Jimi. L’album si chiude con l’omaggio all’altro grande bluesman e suo amico e mentore, morto anch’egli prematuramente in un incidente aereo: Steve Rai Vaughan. “Missing Stevie” è un brano originale scritto da Peppe ed eseguito in puro stile vaughaniano cioè con un ritmo chitarristico tutto in “levare” sostenuto da un ottimo supporto basso-batteria. Il secondo album di Peppe O’ Blues è intitolato In The Name Of Love (2000).

In questo lavoro come lui stesso dichiara, vi si trova una maggiore maturità nella ricerca sonora e di registrazione. Questo disco contiene tutti brani originali, fatta eccezione per un altro omaggio personale che Peppe fa anche in quest’album a Jimi Hendrix con la cover di “Purple Haze”, uno dei suoi brani più famosi. Suonare la musica di Hendrix non è per niente semplice, anzi il più delle volte si rischia di fare delle figure meschine, sia per la sua mostruosa tecnica, sia per la fantasia d’improvvisazione che il grande chitarrista possedeva. Peppe O’ Blues riesce nelle sue cover a far rivivere lo spirito della musica di questo eccezionale chitarrista che ha sconvolto con il suo genio la tecnica e il suono della chitarra. Dopo di lui, infatti, la musica rock/blues non è stata più la stessa. Tornando agli altri brani dell’album, oltre all’ammiccante “Boogie man” che apre l’album, va citata la bella “Mother Theresa” un brano eseguito con la chitarra acustica dedicato a Madre Teresa di Calcutta, da dove traspare tutta la sua spiritualità; “Mr. Tyson” dedicata al famoso pugile campione dei pesi massimi costruita su un ritmo molto funky con sfumature di hip-hop, sul cui ritmo esegue degli assoli di chitarra con sonorità del tutto nuove rispetto al suo precedente album. Sebbene sia stato inciso ben undici anni fa questo brano è di un’attualità sorprendente.

Molto bella anche “Angel of revenge” costruita con la stessa struttura musicale di “Mr. Tyson”. L’album prosegue con la hendrixiana “#G812W” dove Peppe sfodera un altro dei suoi assolo di grande energia e tecnica. In fine il brano che dà il titolo all’album, è secondo me il più bello scritto da Peppe in assoluto. Arrangiato in chiave acustica “In the name of the love”, è un gran bel pezzo che a mio avviso avrebbe meritato ben altre fortune. Peppe, che è anche un appassionato collezionista di chitarre, ha registrato quest’album con una Fender Stratocaster con lacca bianca, sei ben ricordo del ’69, appartenuta a Jimi Hendrix. Peppe O’ Blues è un personaggio straordinario che incarna totalmente la musica che rappresenta.

Ha calcato i palchi di tutto il mondo come quelli famosi di Chicago (Chicago Blues Festival, Buddy Guy’s Legend, House of the Blues), B.B. King Club (Memphis), Shepherd Bush Hall (Londra), The Marquee Club (Londra), Big Mama (Roma), United Nation’s Tour (Albania), G7 Concert (Napoli) solo per citarne alcuni. Di lui Fabrizio Zampa, noto critico musicale, dice “…è un musicista e un animale da palco straordinario, dotato di un virtuosismo e un feeling davvero rari. Dal vivo suona un rock/blues travolgente suonato con grande energia, grande tecnica e grande amore”. Non si può non concordare con questo giudizio. Purtroppo Peppe fino a oggi non ha avuto quel riscontro di pubblico che avrebbe senz’altro meritato oltre che per il genere musicale che comunque con convinzione porta in giro, anche perché è una persona che non è avvezzo a compromessi. Suona la musica che predilige senza ammiccamenti commerciali.

La mancanza di spazi musicali in Italia ha indotto Peppe di trasferirsi a Londra dove da alcuni anni vive la sua vita artistica esibendosi in concerti con una nuova band (Eagles Rainbow) e insegnando, altra sua grande passione, jazz, funk, classic rock e blues. In questo periodo è ritornato in Italia perché impegnato in una serie di concerti ed ha ricostituito gli “Hell’s Cobra Band”. Entro la fine dell’anno dovrebbe entrare negli studi per la registrazione di un nuovo album. Ho iniziato questa recensione con una frase di W. Shakespeare in cui lo scrittore fotografa l’anima di chi non ha l’amore per la musica.

Per come ho conosciuto Peppe di Lucca, per la sensibilità, la spiritualità e l’amore che mette in tutto quello che fa, penso rientri a pieno titolo tra gli artisti di cui ci si può fidare.

 

 

Artista – Peppe o’ Blues

Album – Living on the road

Genere – Rock/Blues

Pubblicato – 1997

Etichetta – Indipendente

Tracklist:

1. Living On The Road

2. Miss You

3. Shake Your Booty

4. Lady Sunshine

5. Something Burning Inside Me

6. Born Under a Bad Sign

7. Help Me

8. So Bad

9. Little Wing

10. Hey Joe

11. Missing Stevie


 

Album – In The Name Of Love

Genere – Rock/Blues

Pubblicato – 2000

Etichetta – Indipendente

Tracklist:

1. Boogie man

2. Purple haze

3. Mother Theresa

4. Fever

5. Nothing

6. Mr. Tyson

7. Still alive and well

8. Promise land

9. Angel of revenge

10. #G812W

11. In the name of love

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