di Ginorossi

Di lui Robbie Robertson racconta “Era grande, grandissimo, il miglior chitarrista che io abbia mai visto. Mi ricordo di avergli chiesto come aveva sviluppato il suo stile e lui mi ha risposto che era un lupo, per metà”.

Qualcuno ha detto che Roy Buchanan era “il miglior chitarrista sconosciuto del mondo”. E questo è purtroppo vero. A volte il mondo dello spettacolo è spietato e cieco, grandi artisti con inventiva, tecnica e ispirazione restano quasi sconosciuti. Roy Buchanan è uno di questi! Figlio di un contadino egli stesso raccontò che il suo primo ricordo musicale fu un concerto di gospel. Diceva, scherzando, ma non troppo, di aver imparato la musica in modo naturale, essendo un “mezzo lupo”. Si sa invece che inizia a suonare a sette anni, quando gli viene regalata la prima chitarra e all’età di quindici anni con una “Telecaster” appena acquistata va via di casa e inizia la sua carriera di musicista in modo libero da tutto e da tutti.

Dopo varie esperienze musicali entra a far parte della band di Ronnie Hawkins (che poi diventerà famoso come leader della”The Band” che ha accompagnato per molti anni Bob Dylan). Il bassista del gruppo è un certo Robbie Robertson che poi prenderà il suo posto dopo aver studiato il suo stile chitarristico. Negli anni settanta, sebbene conosciuto e molto apprezzato nel giro di musicisti, è ancora un illustre sconosciuto e per tirare avanti, nel frattempo si è sposato, lavora part-time come barbiere senza però abbandonare la musica. Suona così in diversi gruppi fino a formarne uno tutto suo gli “Shakestretchers” con i quali ottiene un discreto successo tanto da essere lodato da John Lennon, Eric Clapton e da Mike Jagger il quale gli proporrà anni dopo di far parte dei Rolling Stones a seguito della prematura morte di Brian Jones. Proposta che verrà rifiutata! Sembra che lo stesso rifiuto ottenne Eric Clapton che gli chiese di aggregarsi ai “Derek & Dominoes”. Questo fa intendere che razza di artista era Buchanan.

Agli inizi degli anni settanta però arriva il successo attraverso la casa discografica Polydor con la quale incide cinque album, il primo dei quali (registrato in solo cinque ore!) vende ben duecentomila copie e il secondo diviene disco d’oro con ben 500mila copie vendute. Roy in questo periodo usa esclusivamente una Fender “Telecaster” con la quale riesce a creare dei suoni unici grazie alla sua immensa tecnica. E’ diventato famoso per l’uso dell’unghia del pollice come un plettro e a volte per aumentare la potenza del suono la usa contemporaneamente al plettro. Riesce poi, mantenendo il pollice destro con una certa angolatura, a colpire le corde e abbassarne il volume di alcune, facendo suonare le altre. Una tecnica chiamata “pinch harmonic” che Buchanan esegue quasi naturalmente. Con lo strumento fa quello che vuole, tira fuori effetti sonori come quello della “steel guitar”, del “wha-wha”, e del violino maneggiando con grande maestria le sole manopole della “Telecaster”. Queste e altre tecniche chitarristiche gli procurano un grosso rispetto da parte del pubblico e soprattutto da parte dei musicisti che gli valse l’appellativo “the guitarist’s guitarist” (il chitarrista dei chitarristi).

Lascia poi la vecchia casa discografica poiché infastidito dalle pressioni commerciali per approdate nell’81 alla “Alligator Records” etichetta che produce esclusivamente “blues” con la quale incide tre album: “When a Guitar Plays The Blues”, “Dancing on the Edge” e “Hot Wires”. Tre ottimi lavori di cui il primo scala le classifiche di “Billboard” e vi rimane per ben tredici settimane. In queste registrazioni abbandona la fedele Telecaster per suonare con una Gibson Les Paul . Nella sua carriera ha inciso solo dodici album, ma l’uscita di numerosi dischi “live” e album postumi hanno ingrandito la sua discografia. Muore nel 1988 dopo essere stato arrestato per guida in stato di ubriachezza. Si toglie la vita nella cella dove doveva smaltire la sbornia, impiccandosi alla sua t-shirt usata come corda. Autentico virtuoso dello strumento, riconosciuto come indiscusso maestro, Buchanan ha utilizzato principalmente una chitarra Fender Telecaster del ‘53 che lui chiamava Nancy, collegata ad amplificatori Fender usati a volume massimo.

L’album scelto questa settimana s’intitola “Sweet Dreams: The Anthology”, un doppio cd molto bello che contiene brani in studio, principalmente nel primo e brani dal vivo nel secondo. Musicista straordinario, specialmente dal vivo, attraverso questo lavoro è possibile apprezzarne perfettamente lo stile musicale. Di carattere introverso e solitario, è riconosciuto unico come chitarrista. La sua Telecaster non suona mai uguale e anche quando la usa, diciamo in modo “normale”, si avverte un tocco delle corde del tutto personale. Si avventura improvvisamente in assoli velocissimi che poi stoppa d’improvviso. A volte la chitarra sembra una vera e propria lama che entra dentro e scuote chi ascolta lasciando letteralmente sbalorditi. Brani come “Down by the river” (ancora una volta un fiume!) capolavoro di Neil Young lasciano senza fiato, per non parlare poi della versione che ci dà di “Hey Joe”: imperdibile.

Buchanan esegue queste cover reinterpretandole e facendole totalmente sue. “Hey Joe” capolavoro di Jimi Hendrix, qui in versione live che dura più di otto minuti, forse supera per intensità finanche la versione di Hendrix, con un approccio lento al brano che via via sfocia in un crescendo di assoli che prendono direttamente lo stomaco. La chitarra nelle mani di Roy piange, miagola, esplode, si addolcisce insomma riesce a comunicare tutta la sua disperazione. Certamente non sono questi gli unici brani, anche se i più espressivi, a rendere l’album formidabile. Altre tracce dell’album “ I’m a Ram” e “I’m Evil” sono anch’esse bellissime, due blues classici eseguiti con pathos, poi la famosissima “Green Onions” fino al brano che conclude l’album “Dual Soliloquy”, della durata di ben di dodici minuti, in cui la chitarra si sdoppia creando un vero e proprio dialogo musicale.

In definitiva un bell’album di questo fantastico e genuino bluesman di gran classe e immensa tecnica, che in questa sua performance mostra ciò che un musicista può fare con una chitarra elettrica. Nella discussa lista dei 100 migliori chitarristi di tutti i tempi secondo la rivista musicale “Rolling Stone” Roy Buchanan è relegato al n° 57 posto. A mio avviso meriterebbe di stare molto più su. Come detto all’inizio, Roy diceva (per gioco?) di essere per metà uomo e per metà lupo: io quasi ci credo.

 

 

Artista – Roy Buchanan

Album – Sweet Dreams: The Anthology – Live

Genere – Blues

Pubblicato – 1992

Etichetta – Polydor

 

 

 

TRACKLIST:

Disco 1

1.Baltimore

2.Black Autumn

3.The Story Of Isaac

4.There’ll Always Be

5.Sweet Dreams

6.Pete’s Blue

7.The Messiah Will Come Again

8.Tribute To Elmore James

9.After Hours

10.Five String Blues

11.C.C.Rider (Live)

12.My Baby Says She’s Gonna Leave Me

13.Please Don’t Turn Me Away

14.Country Preacher

15.Way faring Pilgrim

 

Disco 2

1.Down ByThe River (Live)

2.I’m A Ram (Live)

3.I’m Evil (Live)

4.Good God Have Mercy

5.If Six Were Nine

6.Green Onions

7.Soul Dressing (Live)

8.Hey Joe (Live)

9.Fly Night Bird

10.Turn To Stone

11. Dual Soliloquy

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