Oggi a Roma in un convegno dal titolo “La filiera italiana della birra. Ridurre la pressione fiscale per continuare a creare valore e occupazione”, alla presenza di Assobirra, Confagricoltura, Confimprese e Fipe-Confcommercio, si è discusso della crisi che sta vivendo il settore della birra soprattutto a valle del continuo incremento delle accise che il Governo ha posto su questo prodotto che nell’ultimo anno ha subito un calo delle vendite di circa il 26%.
Calo che come si può facilmente immaginare, non solo non porta benefici in termini di entrate per lo Stato, ma mette a rischio migliaia di posti di lavoro.
Attraverso il convegno infatti si è voluto fare il punto sulla situazione che potrebbe ulteriormente peggiorare in vista dell’ennesimo aumento delle accise previste per il prossimo mese di gennaio. Alla faccia di chi crede che il non aumento delle tasse promesso da Renzi e il fido Pier Carlo sia attuabile con la bacchetta magica.
Questo dell’incremento delle accise sulla birra e sui prodotti alcolici in generale, è un tema che in realtà meriterebbe forse maggiore attenzione.
In primo luogo perchè come nel caso della benzina e delle sigarette, il Governo approfitta sempre di quei settori che bene o male tengono sul piano dei consumi o comunque sono legate alle tendenze del momento. Pensiamo all’incremento del consumo di superalcolici soprattutto nei giovani e alla crescente diffusione delle sigarette elettroniche che visto l’andazzo, teoricamente potrebbero rappresentare il prossimo potenziale obiettivo delle accise.
L’altro e per certi versi più interessante aspetto dell’universo accise sui prodotti alcolici, che da ottobre 2013 a febbraio 2014 hanno già registrato tre incrementi inseriti in altrettanti decreti legge, ultimo dei quali il celebre IMU-Bankitalia. è la destinazione dei proventi.
Da normativa infatti questi ricavi sono destinati alle attività culturali promosse un po’ in giro per il Paese, e che spesso sono incanalate verso amministrazioni locali amiche di quello o quell’altro politico accomodato sulle poltrone romane per regolare magari favori elettorali. Allora ecco, per dirla in soldoni, che magari ci si può ritrovare un Sindaco o la pseudo associazione “apolitica” che organizza la sagra dell’anguilla sul cucuzzolo di una montagna che può usufruire di questi fondi per promuovere un piatto tradizionale dell’alta montagna, l’anguilla appunto.
E poi magari ci ritrova con tradizioni secolari che vanno scomparendo perchè chi le conserva è costretto a sgomitare furiosamente per trovare il giusto spazio nel panorama culturale.
D’altra parte se un autorevole ministro delle repubblica si concede il lusso di affermare che di cultura non si mangia, cosa possiamo aspettarci? Però è vero, di cultura non si mangia. Si vive!
Vincenzo Viglione