«Più di 2 milioni di tonnellate di rifiuti interrati oltre ad alcune migliaia di ecoballe lasciate a marcire alle intemperie, una discarica, la Sari3, in chiusura, certamente gestita e controllata ma, al di là della messa in sicurezza, comunque non bonificabile e interdetta per i prossimi 30 anni, le altre discariche abbandonate, senza controlli, analisi, messa in sicurezza. L’Area di Pozzelle e l’intero Parco del Veuvio rappresentano una grande emergenza ambientale nazionale, con gravi ricadute sulla salute dei cittadini. Lo Stato ha avuto responsabilità dirette in quest’azione di vera e propria devastazione su cui hanno lucrato anche camorra e imprenditori corrotti. Oggi, l’accertamento e le conseguenti azioni di messa in sicurezza e risanamento ambientale devono diventare una priorità nazionale, investiremo ufficialmente della questione gli organismi istituzionali preposti a partire dai ministeri dell’ambiente e della salute, dalla commissione nazionale sul ciclo dei rifiuti e naturalmente la Regione Campania» lo afferma il Presidente della Commissione bonifiche ed ecomafie della Campania Antonio Amato, che questa mattina con i consiglieri Anita Sala e Flora Beneduce, i rappresentati di comitati e associazioni, i sindaci di Boscotrecase, Boscoreale e Terzigno, i tecnici dell’APRPAC, si sono recati in sopralluogo prima alla discarica Sari3, oggi gestita dalla SAPNA per la fase di chiusura, e quindi si sono inerpicati lungo i sentieri che conducono ai vecchi siti di discarica «I cittadini continuano a denunciare il cattivo odore che per loro emana dalla discarica SARI 3 sulla quale la SAPNA, con altre aziende, lavora per la chiusura. I tecnici che lavorano in discarica hanno assicurato che dalle loro analisi tutto è a norma e che si sta procedendo secondo quanto previsto dalla normativa per la chiusura della stessa. Abbiamo appurato che l’ARPAC non tornava a fare analisi dell’aria dal momento in cui sono terminate le attività di conferimento rifiuti. Almeno abbiamo ottenuto che ora, entro fine mese, esegua analisi in contraddittorio, sia per la qualità dell’aria che per le acque. Certo» continua Amato «restano da approfondire alcune questioni tecniche, a partire dalla possibile necessità di realizzare altri 2 pozzi per intercettare le acque di falda a monte e a valle del sito, e monitoreremo anche dai documenti le chiusura della discarica che, come illustrato dai tecnici della SAPNA, si dovrebbe concludere entro sei mesi. Quell’area, comunque, non potrà essere bonificata e nella fase di gestione post mortem, resterà interdetta per i prossimi 30 anni, continuando la produzione di biogas e l’estrazione del percolato. Non essendoci depurazione e immissione in fogna il percolato, insieme alle acque piovane raccolte, sono smaltiti con i camion in stabilimenti regionali ed extraregionali, fino in Calabria. Abbiamo richiesto» dice ancora Amato «la documentazione completa delle ditte di trasporto e degli impianti coinvolti. E’ necessaria la massima trasparenza: sia perché questi trasporti sono comunque pericolosi, sia perché rappresentano un affare che nella fase di conferimento rifiuti superava i 150 mila euro mensili, oggi comunque comporta spese per decine di migliaia di euro». Dalla cava in chiusura, commissione e comitati si sono spostati nelle cave abbandonate inoltrandosi per sentieri dissestati fino alle aree di discarica «E’ tutto abbandonato, restano solo decine di tubi per la captazione di biogas che fuoriescono inutilizzati dal terreno» conclude Amato «Comprendiamo le complicazioni giudiziarie di vicende molto complesse, ma non può più essere tollerato quanto abbiamo visto, con teloni strappati, smottamento dei terreni per decine e decine di metri, il fetore persistente. Bisogna mettere in campo azioni concrete e si deve riportare con urgenza questa vicenda sui tavoli nazionali. Qui i cittadini continuano ad ammalarsi e a morire».


 

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui