di Mario De Michele

L’elettroencefalogramma è piatto. E il bip in sottofondo è come un segno della croce. Raffaele Vitale è un uomo morto. Politicamente, s’intende. Le esequie si terranno il 20 dicembre al Novotel in occasione dell’assemblea provinciale. Dall’elezione dei nuovi vertici dell’Asi Caserta la vita del segretario del Pd era appesa a un filo. Ma ora l’esile fiammella della speranza si è spenta definitivamente con il colpo di grazia di Rosaria Capacchione. Con un lungo e articolato intervento la senatrice ha stroncato l’accordo bipartisan tra Dem, Forza Italia e Ncd, voluto a ogni costo dall’area Graziano-Stellato. Più che un errore è stato un orrore. Sia sotto il profilo politico che sul piano morale. Tutto sbagliato, quindi. E tutto da azzerare. O almeno da rinnegare con la richiesta di dimissioni di chi è stato indicato dal Partito democratico. Per la Capacchione c’è poco da discutere. Non ci sono margini di trattativa: Raffaella Pignetti e Biagio Lusini devono andare a casa. Subito via dall’Asi. Ma il Pd casertano ormai è a un punto di non ritorno. In un cul de sac. Tutte le vie di fuga conducono in un baratro. E anche un passo indietro sulle scelte fatte sul Consorzio servirebbe a poco. Forse a riabilitare in parte l’immagine del partito sfigurata dalle polemiche sugli enti strumentali. In ogni caso nel Pd nulla tornerà più com’era prima. Gli equilibri usciti dal congresso provinciale sono saltati del tutto. E sarà impossibile ricomporre il puzzle costruito attorno al nome di Vitale. Il sindaco di Parete si è trovato tra due fuochi: da un lato le componenti della segreteria che hanno raggiunto l’intesa sull’Asi; dall’altro le aree, ampie e variegate, che si sono opposte. E invece di indossare i panni del pompiere per tentare di spegnere l’incendio ha alimentato le fiamme inanellando una lunga sequela di errori imperdonabili. Ha sprecato tutte le chance a sua disposizione per salvare il salvabile. Avrebbe potuto, per la prima volta dalla sua elezione, esercitare la sua funzione di segretario politico. Di fronte alla guerra scoppiata nel Pd avrebbe dovuto porgere a tutti il calumet della pace. Serviva un arbitro. Imparziale. Super partes. Lui invece si è schierato con una delle due squadre in campo. E la partita è finita in rissa. Inevitabilmente. Poi ha versato lacrime di coccodrillo sull’accordo. Prima ha fatto intendere di non condividerlo, poi lo ha rivendicato. Prima ha annunciato le dimissioni, poi le ha relegate al rango di uno sfogo durante un’animata riunione. Prima ha annunciato una conferenza stampa, poi l’ha disdetta. Un continuo zig zag. Che ha scatenato l’ira della Capacchione. La senatrice si sarebbe aspettata da Vitale una netta presa di posizione contro l’intesa. Lui ha perseverato con ridicoli stop and go. E lei è sbottata. Suonandole di santa ragione agli autori del blitz. A Stefano Graziano in primis. L’ex deputato ha pigiato sull’acceleratore. Però è finito fuori strada. Ha conquistato due postazioni nell’Asi, ma ha perso il timone del partito, finora saldamente nelle sue mani. Come Vitale, anche lui ha sbagliato tutto, forse accecato dalla candidatura alle regionali. E pure lui non se la passa bene. La Capacchione è sempre stata un’arma infallibile “usata” per schermirsi dagli attacchi “interni” e per colpire gli amici-nemici. Adesso, ironia della sorte, è finito proprio lui sotto la scure della senatrice. Che lo ha ridotto a fettine. Giustamente. Perché per lei è inconcepibile predicare bene e razzolare male. E ora che ne sarà del Pd di Caserta? C’è il buio oltre la siepe. Tra i dissidenti si annida chi accetta volentieri la sponda dei caputiani per dare la spallata a Vitale con la nomina di un nuovo segretario. E c’è chi non vorrebbe finire dalla padella di Graziano alla brace di Nicola Caputo. O chi come Enzo Cappello si affida alla tradizione democristiana del “chi tiene in mano vince”, nella speranza, in caso di dimissioni di Vitale o di commissariamento, di traghettare i dem, in qualità di presidente del partito, al nuovo congresso come avvenne dopo le dimissioni prima di Dario Abbate, poi del facente funzione Ludovico Feole. Tanta confusione, insomma. L’unica certezza è che il Pd è sempre meno Vitale… Se non proprio politicamente morto.

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