Cinquanta anni nacque a Napoli la prima tv libera italiana: è Telenapoli, inaugurata nello storico Caffè Gambrinus, proprio il 26 aprile di 50 anni fa, nel 1967. A raccontare oggi quella esperienza, è stato, nel corso di un convegno organizzato dal Corecom Campania, Pietrangelo Gregorio. Fu la prima tv libera, che riuscì a trasmettere a colori, prima della Rai. Nel 1966 iniziarono le trasmissioni via cavo, “con alcune pubblicità – racconta – trasmesse su televisori disposti alla Upim all’angolo di via Foria con via Duomo”. Subito dopo, iniziarono i collegamenti nelle case. Partendo dalla zona di piazza Cavour, la rete di cavi si estese in via Pessina, via Toledo collegando soprattutto bar e locali di intrattenimento fino ad arrivare a piazza Trieste e Trento. “Il 26 aprile del 1967, avendo collegato il Gambrinus – dice – inaugurammo l’emittente con un programma al quale parteciparono Nino Taranto, Angela Luce, Sergio Bruni e i Carabinieri, un gruppo di attori composto da Lucia Cassini, Franco Nico, Aldo de Martino, e Renato Rutigliano. Nel dicembre del 1970, fu fondata la società, battezzata Telediffusione italiana Telenapoli. “Da quel momento cominciarono programmi giornalieri, trasmessi dalle 18 alle 21 – prosegue Gregorio – con un breve telegiornale curato dal giornalista Angelo Maggi e spettacoli musicali. Non essendoci video registratori, i programmi potevano essere trasmessi soltanto in diretta”. Dopo Napoli, altre realtà cominciarono a organizzarsi. Così nel 1972 nacque Tele Biella, di Peppe Sacchi. “Si fece denunciare da un amico – aggiunge – perché contravveniva la legge sul monopolio della Rai. Il giudice fece notare che la Rai aveva il monopolio dell’etere e non delle trasmissioni via cavo, per cui la sentenza non solo assolveva Sacchi, ma sanciva la liceità di trasmettere via cavo”. Sacchi promosse una serie di iniziative legali anche contro il decreto Gioia, dal nome di Govanni Gioia, all’epoca ministro per le Poste e le Telecomunicazioni, che vietava la tv libera. “Intervenne la Consulta – spiega – a stabilire la definitiva liberalizzazione delle tv private”. Telenapoli e la società crescevano, richiamando l’attenzione di imprenditori pronti a investire. Tra tanti, Gregorio scelse i fratelli Enrico e Ubaldo Capozzi. “Investirono 3 miliardi delle vecchie lire con le quali cablammo Napoli”, prosegue. Furono assunti 150 dipendenti. Con 380 km di cavo, 150 dipendenti, 15 giornalisti, sei studi televisivi a colori, 14 ditte appaltatrici, 28.000 utenti collegati e 70.000 abbonati in lista d’attesa Napoli divenne la prima città completamente cablata in Europa. Direttore dell’emittente fu Enrico Marcucci, vicedirettore Umberto Borsacchi. Un nuovo decreto del ministro Gioia, nel 1973 abolì la tv via cavo. Da qui una nuova idea: la tv box. Un registratore veniva collegato al monitor e trasmetteva i programmi registrati. La Corte Costituzionale, nel luglio 1976, dichiarò l’illegittimità del monopolio della Rai e sancì la liceità delle trasmissioni via etere. Gregorio propose ai propri soci di passare alla trasmissione via etere, ma abbandonò la società, di fronte al loro rifiuto. “Decisi di allestire un trasmettitore che, posto alle falde del Vesuvio, consentiva la ricezione ad oltre 2 milioni di possibili telespettatori”. Così Nasce Napoli Canale 21, “per l’Articolo 21 della Costituzione”. “Canale 21 può considerarsi la prima emittente televisiva via etere italiana legale – conclude – essendo partita lo stesso giorno della pubblicazione della Legge 202 nell’agosto del 1976”.(

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