Hanno pregato senza saperlo davanti a una tomba dove in realta’ c’era un altro defunto e per anni non hanno potuto ”onorare le spoglie mortali del proprio’ caro” perche’ dopo la riesumazione era risultato che era stata scambiata la salma; per questo il Comune di Castelfranco Veneto (Treviso) e’ stato condannato a oltre 60 mila euro a favore dei familiari del defunto.
La vicenda, seguita dall’avv. Fabio Capraro, ricalca quella vissuta alla cantante Rita Pavone che vide scomparire la salma del padre Giuseppe dal cimitero di Torino, e’ iniziata nel 2005 quando, il comune trevigiano non accorgendosi che la vedova di Giuseppe Muraro, morto nel 1969, aveva rinnovato anticipatamente la concessione per oltre 20 anni, levo’ il cadavere dal loculo mettendolo in una fossa comune – scrive il tribunale – ”ricoprendolo di calce al fine di favorire il processo di mineralizzazione”. Quando pero’ il Comune castellano si accorse dello sbaglio, fece riesumare dagli addetti cimiteriali ”la salma e la ricolloco’ nel loculo ma non adducendo alcun elemento oggettivo o criterio certo di identificazione, stante peraltro l’assenza sulla base di qualsivoglia elemento di identificativo”. Dentro la bara c’era infatti il cadavere di una persona che indossava boxer e t-shirt e altri indumenti incompatibili con il defunto e pertanto la famiglia fece fare degli accertamenti, tra cui il Dna che non portarono pero’ ad alcun risultato certo, stabilendo pero’ che i vestiti appartenevano ad altra persona. Era iniziata’ cosi’ una causa civile che si e’ conclusa con la condanna del Comune, tenendo in considerazione ”gli anni di vita intercorsi tra il momento dell’illecita estumulazione ed il momento di previsto raggiungimento” dell’eta’ di 80 anni, considerata la vita media in Italia, da parte della vedova e dei suoi due figli.