Chi ha un figlio che va a scuola o all’asilo lo sa bene: il coronavirus sta circolando soprattutto tra i più piccoli. Chi ha meno di 12 anni non è vaccinato e questa fase di alta diffusione di Sars-CoV-2 sta interessando in modo marcato i bambini. Alcuni numeri: secondo l’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità il 27 per cento dei nuovi contagi riguarda la fascia di età tra 0 e 19 anni, dunque chi va a scuola. Ma tra di loro, vi è una differenza sostanziale tra chi, in parte, è vaccinato e chi, invece, non lo è perché la campagna di immunizzazione tra i 5 e gli 11 anni comincerà solo tra qualche giorno. Nell’ultima settimana il 51 per cento dei contagi tra gli under 19 si è concentrato nella fascia di età 5-11 anni. E l’incidenza per i bambini è al di sopra dei 250 casi ogni centomila abitanti su base settimanale, molto più alta rispetto alla media nazionale senza distinzioni anagrafiche. Sintesi: il virus sta correndo tra i più piccoli. Senza conseguenze? Su questo bisogna evitare semplificazioni. Sì, rispetto a un over 50 un bambino rischia molto meno, ma questo non significa che il pericolo di complicazioni, per chi ha meno di 12 anni, sia uguale a zero. L’ultimo bollettino dell’Istituto superiore di sanità mette in fila alcuni numeri che non possono essere sottovalutati: da inizio pandemia tra gli under 19 ci sono stati 875.005 positivi, 8.825 ricoveri, 252 in terapia intensiva e 34 decessi. Se ci limitiamo solo a chi ha da 0 a 11 anni (dunque coloro per i quali fino ad oggi non c’era un vaccino disponibile) i numeri restano comunque significativi: 431.573 positivi, 5.407 ricoveri, 120 in terapia intensiva e 19 decessi. Il tasso di letalità, per fortuna, è bassissimo – 0,04 per cento – ma non è pari a zero. E comunque per 5.400 c’è stata l’esperienza traumatica del ricovero, mentre ancora si stanno studiando gli effetti del long Covid tra i più piccoli. Solo nell’ultima settimana le infezioni tra 0 e 11 anni sono state 43.268 e i ricoveri 85. La decisione dell’Italia, ma anche di altri Paesi dell’Unione europea (per non parlare di Stati Uniti e Israele) di vaccinare i bambini tra 5 e 11 anni non punta solo ad arginare la circolazione del virus, ma anche a tutelare la loro salute. L’ultimo report esteso dell’Istituto superiore di sanità analizza anche gli ultimi dati sull’efficacia del vaccino, concentrandosi ovviamente sugli adulti visto che ancora la campagna per i bambini tra 5 e 11 anni non è cominciata. Le conclusioni confermano: a cinque mesi dalla seconda dose la protezione diminuisce in modo marcato, ma ritorna affidabile dopo la terza. Spiegano i ricercatori dell’Iss: il rischio di decesso per chi non si è vaccinato è 16,6 volte superiore rispetto a chi ha avuto la terza dose del vaccino anti Covid-19. Ancora: sempre nei non vaccinati, «il rischio di decesso è 11,1 volte superiore rispetto ai vaccinati con le due dosi entro cinque mesi e di 6,9 volte maggiore rispetto ai vaccinati con ciclo completo da oltre cinque mesi». In sintesi: chi non si è immunizzato rischia comunque più di tutti. Però «a cinque mesi dal completamento del ciclo vaccinale, l’efficacia nel prevenire la malattia, sia nella forma sintomatica che asintomatica, scende dal 74 per cento al 39». Il discorso cambia se invece si analizza la prevenzione delle forme più severe della malattia: «Per chi è stato vaccinato con ciclo completo da meno di cinque mesi l’efficacia è al 93 per cento rispetto ai non vaccinati, mentre risulta pari all’84 per cento se sono passati più di cinque mesi dalla seconda dose».

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