E’ salito a 14 morti e 450 feriti il bilancio degli attentati multipli che ieri hanno colpito le città di Yala e Hat Yai, nel sud della Thailandia, in una delle più gravi giornate di violenza da quando si è riaccesa una ribellione separatista che dal 2004 ha causato oltre 5 mila vittime. Nove persone sono morte e oltre un centinaio sono rimaste ferite in un triplice attentato con autobomba nel centro di Yala all’ora di pranzo.
Un’ora più tardi, ad Hat Yai una potente esplosione nel parcheggio sotterraneo ha scatenato un incendio al Les Gardens Plaza Hotel, uccidendo cinque persone – tra cui tre turisti malaysiani – e provocando altri 350 feriti. Inizialmente attribuita a una fuga di gas, l’esplosione – nell’ultima versione fornita dalle autorità – sarebbe stata provocata da un’altra autobomba. Mentre la provincia di Yala, assieme a quelle di Pattani e Narathiwat, è frequentemente colpita da attentati mirati e agguati contro le forze di sicurezza, Hat Yai – un affollato hub turistico 100 km più a nord – è di solito risparmiata dalle violenze. Nonostante l’impiego di decine di migliaia di soldati, l’esercito thailandese non riesce a riportare la calma nella regione, dove è maggioritaria una popolazione musulmana di etnia e lingua malay. Il conflitto si fonda su rivendicazioni locali più che religiose; la Thailandia, dove il sistema di potere è estremamente centralizzato sotto una monarchia semi-divina buddista, non ha mai seriamente considerato le richieste per una maggiore autonomia.