La ventata da falco della Bce, che ieri ha alzato i tassi di 50 punti base e annunciato l’inizio della riduzione del bilancio, arriva fin sul mercato dei mutui. Le decisioni annunciate da Christine Lagarde erano attese nei fatti dal mercato. A gettare gli investitori un po’ nel panico è stato il “tono” che le ha accompagnate, in particolare quel riferimento alla necessità di alzare i tassi ancora per un periodo di tempo significativo – seguito dall’indicazione che saranno mosse ancora da 50 punti – per combattere l’inflazione. Una Bce falco, dunque. Ma cosa cambia per chi ha un mutuo o si avvicina all’acquisto? Da un primo giro d’impressioni si vede accentuarsi il movimento che si era già registrato nelle ultime settimane, ovvero un progressivo slittamento della convenienza verso i mutui a tasso fisso. L’Irs a 20 anni, il parametro di riferimento per i mutui a tasso fisso, tra ottobre e novembre infrangeva a più riprese al rialzo la soglia del 3%. Ieri, dopo le decisioni della Bce, si collocava al 2,38%, in leggero rialzo (0,2 punti) dalla rilevazione precedente. Ben più forte è stata la scossa sull’Euribor, che fa invece da riferimento sui mutui a tasso variabile. “La curva dei future dell’Euribor si è alzata di 20 punti base rispetto a quella che vedevamo alla vigilia dell’annuncio di Lagarde”, spiega Guido Bertolino di MutuiSupermarket. A guardare i future ora, indicano il superamento del livello del 3% in primavera, un consolidamento poco sotto il 3,5% durante l’estate e quindi una ridiscesa verso il 3% nel primo semestre del 2024. Questo significa che, a parità di spread applicato dalle banche (solitamente è dell’1% per i contratti variabili), l’anno prossimo i tassi fissi saranno più convenienti. Sulle scadenze più lunghe dell’Irs, l’inversione è già avvenuta. Da MutuiOnline.it notano che l’Euribor a 3 mesi, scontando con un breve preavviso le decisioni della Banca centrale europea, già mercoledì toccava il 2,08% superando l’Irs a 30 anni, fermo all’1,99%. “Questa situazione unica, che non si presentava dal 2008, ha un significato semplice per chi sta cercando un mutuo: il costo dei mutui a tasso variabile continuerà a salire, mentre quello dei mutui a tasso fisso sta già calando da un mese”.
isogna considerare che le banche aggiornano le loro offerte mensilmente, quindi allo sportello le differenze si registreranno con ogni probabilità da gennaio, dettaglia Bertolino. Per il momento, aggiunge, il conto iniziano a pagarlo quelli che già detengono un mutuo a tasso fisso: “Possiamo stimare che un aumento di 0,50% del tasso di interesse su un mutuo a tasso variabile di 100.000 euro comporta un aumento della rata mensile di circa 30 euro”. Ma perché questa inversione? Per i mutui si replica un po’ quel che si vede sul mercato dei titoli di Stato. E non è un buon segno, per l’economia nel complesso. Tassi più alti sul breve che sul lungo (come accaduto per il Bund) significano che gli investitori vedono una recessione alle porte. Il ragionamento filtra chiarissimo dal commento di Sylvain Broier, capo economista Emea di S&P, all’indomani della Bce: “Sembra che i mercati finanziari e la Bce vivano ancora in due mondi diversi – dice -. Come si concilia una curva dei rendimenti piatta o addirittura invertita con un mondo caratterizzato da un’inflazione stagnante, da una recessione modesta seguita da una ripresa costante nel 2024-2025, come indicato nelle nuove stime della Bce? Uno dei due scenari è destinato ad essere inesatto”. Per l’economista, “il segnale inviato dai mercati con una curva dei rendimenti da piatta a invertita dovrebbe costituire un campanello d’allarme per il Consiglio Direttivo”. Se i mercati hanno ragione, infatti, “è meglio che la Bce sia molto cauta nelle sue prossime decisioni sui tassi e sul prelievo di liquidità, per non far ricadere l’economia europea in una recessione più lunga e più profonda di quanto le sue previsioni suggeriscano”.