Era luglio 2020, quando la Finanza trovò 1,7 milioni di euro in contanti, dando inizio all’indagine, a casa di Luigi Califano, padre di Romolo, titolare della Califano Service. Quel denaro, in banconote di diverso taglio e considerato profitto di reati tributari, era in barattoli di vetro, scatole di biscotti e scarpe. Ieri, grazie al fiuto di Jumbo, il «cash dog» della Finanza, sono stati trovati e sequestrati anche 1 milione 792mila euro in contanti, nascosti tra zaini, buste di plastica e scatole di cartone, nelle disponibilità di altri due indagati. Scattati i sigilli anche per un hotel e ristorante a Montoro. Dalle indagini, si è risaliti ad un negozio giuridico simulato, rogato lo scorso dicembre, con cui una delle società coinvolte nella frode, per sottrarsi al pagamento delle imposte, aveva ceduto un resort, appena realizzato, del valore di 2,5 milioni di euro ad un altro soggetto economico, riconducibile agli stessi indagati. L’atto è stato ritenuto simulato, perché il pagamento sarebbe stato corrisposto mediante la compensazione di crediti vantati dall’acquirente nei confronti della concessionaria, a fronte dell’assenza di rapporti commerciali intercorsi tra le due società. Per il gip, la «consorteria criminale» facente capo a Romolo Califano aveva «una straordinaria resilienza, affrontando i momenti di fibrillazione (il sequestro del denaro) senza snaturare gli scopi illeciti programmati». Da intercettazioni telefoniche e ambientali, viene fuori come Califano fosse aiutato dai suoi dipendenti a «celare le tracce delle cartiere occultamente gestite presso gli uffici della Califano Service e della Innovation Fuel Srl e presenti sui terminali informatici». Pur con l’indagine in corso, erano evidenti «le mire espansionistiche» di Califano, che voleva ingrandirsi e acquistare anche le quote della Maxoil di Claudio Lotito. Nei prossimi giorni, gli indagati compariranno dinanzi al gip per l’interrogatorio.