Sono “in aumento i segnali di indebolimento dell’economia italiana, soprattutto nell’industria”: il centro studi di Confindustria con l’analisi mensile ‘congiuntura flash’ rileva una “crescita più fragile”. “Si continuano ad accumulare segnali di indebolimento, specie per l’industria e le costruzioni – spiegano a via dell’Astronomia – sebbene il +0,6% del pil italiano nel primo trimestre frutti una crescita già acquisita di +0,9% nel 2023”. Pesano “il lento calo dell’inflazione e il credito più caro”. I servizi “sono meno dinamici. “Nei consumi delle famiglie ci sono meno beni, in particolare alimentari, e più servizi”. E’ “lento il calo dell’inflazione”, ed il “credito più caro”, con un “tasso pagato per i prestiti dalle imprese italiane che è salito ancora in aprile (4,52%)”, con i “servizi meno dinamici” e la fiducia delle imprese del settore in calo, registrano gli economisti di via dell’Astronomia. “Le costruzioni reggono”, con una produzione che ha subito una forte flessione in aprile (-3,8%) dopo il +1,0% nel primo trimestre, ma con l’indicatore sui nuovi cantieri che anticipa comunque un andamento stabile dell’attività del settore nel secondo trimestre. Anche l’Rtt (il nuovo indicatore del Centro studi di Confindustria ) segnala a maggio un rimbalzo del fatturato. Preoccupa l’industria che “perde terreno”. “In aprile si è accentuato il calo della produzione (-1,9%), quarta contrazione mensile consecutiva. Accusa il colpo la manifattura (-2,1%), settore che finora aveva tenuto bene. Per maggio, segnali misti: il pmi manifatturiero è sceso ancor più in area di contrazione (45,9 da 46,8) e la fiducia delle imprese è di nuovo calata; l’Rtt, invece, segnala un rimbalzo dopo il brutto dato di aprile. Nel quadro generale, il centro studi diretto da Alessandro Fontana vede “investimenti deboli”, e una “domanda estera in calo per i beni”. Nello scenario globale, “segnali di rallentamento nell’Eurozona”, negli Stati Uniti un “brusco stop per l’industria” ed una fiducia dei consumatori americani “risalita dopo la correzione al ribasso di maggio”. Per la Cina una “ripartenza sotto le attese”. “Bene la manifattura indiana, trainata dalla domanda domestica e internazionale, e anche quella russa, che segna il record da fine 2000 per la crescita dell’occupazione. L’industria brasiliana, invece, resta in calo, seppur in lieve miglioramento a maggio”. Calano i consumi di beni alimentari delle famiglie italiane, mentre aumentano i pasti fuori casa o il ricorso alla consegna dei cibi a domicilio. E’ quanto emerge da un approfondimento del Centro Studi di Confindustria. “Nel 2022 – si legge – i consumi delle famiglie italiane sono cresciuti del 4,6%, sopra le attese degli analisti. In calo a fine anno (-1,7%), hanno ricominciato a espandersi nel primo trimestre 2023 (+0,5%), sebbene siano ancora sotto il livello pre-Covid (-1,2%). Questo dato aggregato positivo, però, nasconde una forte eterogeneità di traiettorie”, rileva, con un approfondimento, il Centro studi di Confindustria. Sono “deboli i consumi di beni” ed “una dinamica fiacca” caratterizza i beni durevoli e soprattutto i non durevoli”. In particolare – si spiega – “la spesa delle famiglie italiane per gli alimentari è in forte riduzione (-3,7% nel 2022; -8,7% nel quarto trimestre 2022 dal primo 2021), in controtendenza rispetto a molte altre voci di spesa. Ciò ha fatto da zavorra alla risalita dei consumi totali, visto anche il peso della spesa alimentare pari al 14% (secondo solo alla spesa per abitazione, acqua ed energia, 23%)”. In “direzione opposta” la spesa per i servizi con “un forte rimbalzo nel 2022 (+8,8%), sebbene ancora sotto i valori pre-Covid (-3,9%)”. Nel post-pandemia, “la domanda repressa per il Covid, liberatasi nel 2022, potrebbe aver frenato gli alimentari, grazie al desiderio di recupero dei pasti fuori casa (contabilizzati come servizi, non beni). Una sostituzione di ‘pasti a casa’ con i servizi di ristorazione potrebbe essere stata dettata anche dalla dinamica dei prezzi relativi, a favore dei secondi (+11,4% annuo il rincaro degli alimentari, +6,5% i ristoranti)”. Inoltre “la diffusione con la pandemia dei servizi di delivery di pasti pronti a casa, a parità di spesa, alza quella in ‘ristoranti’ e abbassa quella in alimentari. Potrebbe poi esserci un ‘effetto reddito’: le famiglie meno abbienti che hanno accumulato meno extra-risparmio nel 2020-21, ora subiscono maggiore erosione del reddito reale (visto che l’inflazione è da energia): ne può conseguire un impatto più negativo sui consumi alimentari, che rappresentano una maggior quota della loro spesa (26,0% nel quintile più basso, 14,4% nel più alto)”. Il consumo “si sposta verso comportamenti più sostenibili (meno spreco di cibo) e abitudini comuni tra i giovani (più pasti fuori casa)”. Quanto alle prospettive per il 2023 “i consumi alimentari risentiranno ancora delle tensioni sui prezzi. È probabile che anche la spesa in servizi rallenti, man mano che svaniscono gli effetti del recupero”dei livelli pre-pandemici (e si esaurisce l’extra-risparmio). “Il taglio dei consumi alimentari può avere effetti negativi a cascata sull’industria italiana: la produzione del comparto, infatti, è in calo (-2,7% in aprile da gennaio). E l’export, fiacco, non sembra compensare, visto che anche i consumi nei mercati europei sono in flessione”.

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