“La cosa che più mi fa male e, soprattutto, che mi è rimasta impressa nella mente sono quei due bambini seduti su una panchina del porto di Amalfi che, alle 11 di sera, avevano ancora i costumi addosso e non sapevano che la mamma era morta. Ho due figli di quell’età e in loro ho rivisto i miei ragazzi”. Tony Gallo, comandante e armatore del Tortuga, il giorno dopo la tragedia a largo di Furore è molto provato ma racconta con estrema lucidità la dinamica dell’incidente. Comandante cosa è successo esattamente? “Il Tortuga è partito alle 17.10 dall’isola de Li Galli. Alle 17.40 eravamo a largo del fiordo di Furore. Ero io alla guida e i nostri passeggeri stavano festeggiando. Non si sono accorti di nulla in un primo momento, sono state le grida provenienti da mare ad attirare la loro attenzione. Io ho visto questa imbarcazione venire dritta verso di noi, ho virato, ho spento i motori, ho provato ad andare indietro… Ma l’impatto è stato inevitabile. Subito dopo ho visto che in mare c’erano la mamma e la figlia, entrambe cadute a causa della collisione. Abbiamo lanciato dei salvagenti, i miei marinai si sono gettati in acqua, hanno aiutato la piccola e la donna che aveva il viso riverso in acqua: era incosciente ma viva. A bordo avevamo dei medici ma i soccorsi sono arrivati subito ed hanno recuperato la mamma, la bambina è salita di nuovo sulla loro barca, ha preso la cima, ha legato il gozzo e poi è andata ad abbracciare il fratellino che piangeva. Piangeva tanto, povero bambino, era molto spaventato….”. E lo skipper? “Lo skipper, come il marito della donna, erano entrambi leggermente feriti. Il ragazzo si teneva la testa tra le mani e gridava: la mia vita è finita, io sono finito. E poi mi ha detto: non vi ho visti…”. Quindi sono arrivati i soccorsi e siete stati indirizzati verso il porto di Amalfi… “Sì, in realtà abbiamo prima atteso l’autorizzazione della Capitaneria di porto per spostarci e anche per imbarcare i superstiti dell’altra barca: non c’erano feriti gravi, il mare si stava ingrossando e il viaggio sul Tortuga sarebbe stato più comodo per tutti”. Una volta attraccati cosa è successo? “Io sono subito sceso per fare drug e alcol test. I superstiti sono stati presi in carico dalla Croce Rossa. Appena sbarcato ho saputo che la signora era morta ma mi hanno detto che nessuno dei suoi familiari lo sapeva. Mi hanno chiesto di fare da interprete. Il bambino piangeva, la sorellina lo abbracciava e il marito mi chiedeva sempre dove fosse la moglie e se stava bene. Credo che lo hanno saputo solo in nottata cosa le era accaduto”. Ed i suoi passeggeri? “Spaventati, ma stanno tutti bene. Soltanto una wedding ha avuto una crisi di panico, è stata portata in ospedale ma è uscita stesso in serata. Gli altri sono stati sentiti dagli inquirenti. Nessuno ha accusato il colpo: il Tortuga è circa 220 tonnellate, l’altra imbarcazione almeno una tonnellata”. Secondo lei cosa ha causato la collisione? Lo skipper potrebbe aver avuto un colpo di sonno? “Assolutamente no, era esaltato. Ho ripercorso nella mia mente quei momenti tante volte per cercare delle risposte. Non capisco la manovra: o aveva inserito il pilota automatico che, per un motivo che ignoro, potrebbe essersi disinnescato oppure ha perso il controllo perché a me è sembrata una manovra suicida”. Ora il Tortuga è sotto sequestro? “Sì. Abbiamo accertato che non ci sono danni e stesso nella giornata di oggi (ieri, per chi legge) il mio avvocato ha presentato richiesta di dissequestro: abbiamo delle feste, un matrimonio…. una serie di impegni programmati. È un enorme danno per noi”. Alla luce di quanto accaduto, cosa si sente di dire… “Ci sono tanti charter seri che lavorano con diligenza ma se gli operatori professionisti che hanno i libretti di navigazione vengono sottoposti a continui controlli medici e drug test, lo stesso non avviene con chi si improvvisa skipper per ottenere un facile guadagno deviando i controlli mettendo in pericolo la vita delle persone in mare”.

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