Nell’ambito della XIV Settimana della Cultura, promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Soprintendenza Archeologica di Napoli e Pompei, sabato 21 aprile 2012 è programmata, a Villa Imperiale Pausilypon e al Museo Archeologico Nazionale di Napoli,
un’importante anteprima teatrale dedicata ai grandi temi classici e del Mediterraneo, a ingresso gratuito: Studio per Ecuba da Euripide, interpretato da Cinzia Maccagnano e Luna Marongiu. Grazie alla collaborazione e il sostegno di Capuantica Festival, il Palapartenope e MDA Produzioni Danza, organismi da anni impegnati nella valorizzazione del grande patrimonio archeologico e monumentale attraverso la rete dei Teatri di Pietra, l’Area dei Teatri della Villa Imperiale di Pausilypon e i Saloni della Collezione Farnese del Museo Archeologico Nazionale diverranno lo scenario naturale per due performance accomunate dall’originalità della riscrittura, in chiave contemporanea, dei personaggi del Mito. Un appuntamento doveroso, questo della Settimana della Cultura, poichè anticipa l’ampia programmazione che si svilupperà a maggio, nell’ambito del tradizionale “Maggio dei Monumenti”, per inserirsi, nei mesi di luglio e agosto, nel calendario nazionale dei Teatri di Pietra. E’ il naturale connubio tra storia e contemporaneità, arte e mestieri antichi quali quelli del danzatore e dell’attore. Tutto ciò è reso possibile grazie a questi luoghi straordinari, magici, in cui è possibile ritrovare l’autentica radice di una cultura antica e ampia come quella del Mediterraneo e, a Napoli, esprime un unicum di paesaggio, gente, natura. Oltre la conoscenza e la storia, questi luoghi sono capaci di suscitare trepidazione e passione per il bello e per l’arte. Sabato 21 aprile alle ore 11.30 e alle ore 17.00, l’anteprima di Studio per Ecuba da Euripide, interpretato da Cinzia Maccagnano e Luna Marongiu sarà in scena prima nell’Area dei Teatri della Villa Imperiale di Pausilypon (ingresso dalla Grotta di Seiano a Coroglio), mentre, nel pomeriggio, presso i Saloni della Collezione Farnese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Studio per Ecuba nasce dalla raccolta dei materiali elaborati per il prossimo debutto dell’Ecuba euripidea, previsto per il mese di luglio prossimo. Ne è scaturito un lavoro inedito‚ sia per la fattura della messa in scena (molto incentrata sulla danza-teatro) sia per i temi suscitati dall’approfondimento del personaggio Ecuba: madre di cento figli‚ regina di Ilio‚ testimone della mattanza che investirà tutta la sua famiglia sino allo sterminio. Ecuba è anche l’estrema difesa dell’identità e della storia‚ donna, prima ancora che regina, che cerca strenuamente di “salvare” la memoria di una razza‚ di un popolo e di una discendenza. Regale e regina nelle Troiane e in tutta la prima parte dell’Ecuba, fino alla scoperta dell’uccisione del piccolo Polidoro. La distruzione sistematica di Troia, dei suoi palazzi, delle sue mura e delle genti troiane è “sopportabile”, fino a quel momento, nella speranza segreta che memoria e progenia potessero essere salve presso l’alleato e amico Polimestore. Polimestore è indotto da Ecuba, con il miraggio di un tesoro nascosto, a entrare nella sua tenda con i figli. Assalito e immobilizzato dalle donne, li vedrà morire prima di essere accecato. Chiederà ad Agamennone vendetta, ma l’operato di Ecuba riceve l’avallo del comandante dei Greci, che si rifiuta di considerare delitto politico quanto commesso da Polimestore. Il re tracio profeta il futuro orribile che attende Ecuba (sarà trasformata in cagna) e Agamennone (verrà ucciso dalla moglie). Agamennone ordina di farlo tacere e lo destina a essere gettato su un’isola deserta. Tre lingue‚ la danza‚ la musica e la parola, per inviare lo stesso messaggio: ogni guerra è un immane misfatto dell’uomo, qualunque ne sia la causa. E’ un male terribile per tutti‚ vincitori e vinti, e il cuore femminile‚ più di quello maschile‚ ne è travolto e grida con tutta la forza della passione e dell’amore‚ fuori da ogni canone e da ogni ambiguo sofisma. Insanabile è la lacerazione di una madre‚ di una sposa‚ di una sorella o di una figlia. Insostenibile è la loro sofferenza‚ irrefrenabili la loro maledizione e la loro vendetta. Il teatro tragico greco è, in tal modo, rimesso al centro della scena fosca e insanguinata della nostra epoca, riproposto come sintesi di tutti tempi degli uomini‚ devastati sempre dalla brama di potere che genera la guerra‚ e sempre sopravvissuti grazie allo stesso dolore‚ all’incrollabile volontà di espungerlo‚ volta per volta‚ dal proprio grembo. In Ecuba non c’è il fascino misterioso e romantico dell’irrazionale, quanto la coscienza agghiacciante dell’annullamento della sua esistenza come parte di una vita, di un popolo e della sua storia.