E’ stata trovata morta con una profonda ferita alla testa, avvolta in una coperta e con alcuni asciugamani a coprirla, anche sul volto. Il corpo era disteso nel salotto di casa e in una stanza vicina, seduto a terra in stato catatonico, c’era il figlio di 35 anni, che farfugliava ma non riusciva a parlare. E’ questa la scena dell’omicidio di Fiorenza Rancilio, 73 anni, ereditiera della nota famiglia italo-svizzera di immobiliaristi, avvenuto nel suo appartamento al nono piano di una palazzina in via Crocefisso 6, in pieno centro a Milano. Il figlio, Guido Pozzolini Gobbi Rancilio, è ricoverato nel reparto di psichiatria del Policlinico in stato confusionale. E’ stato fermato per omicidio volontario. La Procura sta vagliando la posizione del 35enne, che aveva assunto psicofarmaci e resta per ora piantonato in ospedale. In casa – un appartamento in uno stabile tutto della famiglia Rancilio – c’erano molti medicinali. L’uomo era in cura da anni per patologie psichiatriche e pare fosse stato ricoverato già diverse volte. Quando nel primo pomeriggio di oggi sono intervenuti i carabinieri non è stato in grado di rispondere alle domande: è apparso, infatti, molto frastornato. A dare l’allarme è stata la domestica che, arrivata come ogni giorno per lavorare nell’abitazione, descritta come “immensa” e ben protetta dai sistemi di sorveglianza in uno stabile in cui ci sono diversi uffici, ha fatto fatica ad entrare. Fiorenza era solita, infatti, scendere in un ufficio del palazzo verso le 9-9.30, ma stamattina non si era vista. Per la sua assenza si è insospettito anche un parente, che cura gli affari della famiglia, anche perché la 73enne non rispondeva al telefono. Quando, poi, la domestica è riuscita a farsi aprire dal figlio, la terribile scoperta. La signora, che era presidente della fondazione ‘Augusto Rancilio’, dedicata al fratello, architetto di 26 anni vittima di un sequestro nel 1978 e ucciso, era distesa a terra, il corpo coperto e il figlio poco lontano. Era vestita come se dovesse uscire di casa. Secondo le indagini, coordinate dal pm di turno Ilaria Perinu e condotte dai carabinieri della Compagnia Duomo e del Nucleo investigativo, la morte della signora Rancilio risale a mercoledì mattina. In base al sopralluogo e ai primi rilievi non ci sono segni di effrazione, né alle porte né alle finestre. Inoltre, si sta tentando di individuare l’oggetto usato per uccidere: se ne stanno esaminando alcuni trovati in casa, per appurare la loro compatibilità con le ferite e, dato che non ci sono segni visibili di sangue, se siano stati puliti o meno. Le analisi, comunque, si concentrano su uno di questi oggetti in particolare, che potrebbe essere stato utilizzato dal 35enne. Ma verifiche sono in corso, perché anche questo non presentava all’apparenza tracce di sangue. Inquirenti e investigatori stanno, inoltre, verificando tutta la documentazione medica del figlio. Nelle prossime ore il pm prenderà provvedimenti formali nei confronti dell’uomo, che al momento rimane in ospedale, e disporrà l’autopsia. L’appartamento è sotto sequestro. I vicini di casa hanno raccontato di non aver mai sentito “urla” o litigi. E hanno descritto madre e figlio come due persone cordiali ed educate. Fiorenza Rancilio era figlia di Gervaso Rancilio, imprenditore che si era trasferito a cercare fortuna in Francia e poi era tornato nel Milanese, dove aveva costruito interi quartieri in alcuni comuni dell’hinterland. Proprio davanti ad un suo cantiere a Cesano Boscone, Gervaso e suo figlio Alfredo vennero circondati da un commando di otto persone la mattina del 2 ottobre 1978. Alfredo venne caricato su un furgone e di lui non si seppe più nulla, fino a quando il boss della ‘ndrangheta Saverio Morabito raccontò che era stato ucciso perché aveva cercato di ribellarsi ai suoi carcerieri.

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