“Toti? Attendiamo le sue risposte”. Quella di Giorgia Meloni è l’ultima chiamata per il governatore che da sette giorni è ai domiciliari con l’accusa di corruzione. Ma è un atto dovuto, “il minimo sindacale” per usare le parole della stessa premier. “Toti ha detto che avrebbe letto le carte e avrebbe dato le risposte. Aspettare quelle risposte e valutare penso sia il minimo indispensabile per un uomo che ha governato molto bene quella Regione”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni arrivando a Milano, per l’intervista a Il Giorno de La Verità. “Non ho avuto tempo e possibilità di approfondire più di tanto” ha poi aggiunto spiegando che aspettare le risposte di Toti è “il minimo sindacale di rispetto. E non ho altro da aggiungere”. Il Governatore della Liguria Giovanni Toti si trova sempre più solo ad affrontare l’inchiesta su corruzione, voto di scambio e collusioni con la mafia. Con ogni probabilità si potrebbe dimettere dopo l’interrogatorio, prima del riesame, quindi prima delle elezioni europee. Le dimissioni formali di Toti sono state chieste dalle opposizioni in consiglio regionale che hanno consegnato oltre 8mila firme. Un appello che si somma alle oltre 40.000 mail inviate dopo l’iniziativa lanciata giovedì scorso in occasione della manifestazione in Piazza De Ferrari, a Genova. La consegna è avvenuta ieri sera in occasione della prima seduta del consiglio regionale da quando il governatore è stato arrestato. Solo Matteo Salvini e Noi moderati chiedono apertamente a Giovanni Toti di non dimettersi. “Va benissimo ogni osservatorio anti-corruzione, ma io mi fido dei nostri imprenditori e dei nostri sindaci. A differenza di altri, non giro per le strade col sospetto che gli italiani siano tutti potenziali truffatori o delinquenti”, sottolinea il leader della Lega. Intanto sul fronte politico cresce la fronda di chi chiede, pur con i diversi distinguo, le dimissioni. “Noi lo abbiamo detto sin dall’inizio: alla luce della gravità del quadro che sta emergendo, le dimissioni di Giovanni Toti sono necessarie e opportune”. Lo sostiene la leader del Partito democratico, Elly Schlein. “Al di là delle responsabilità penali, che sarà la magistratura ad accertare, la Liguria non può rimanere appesa, ostaggio di un’incertezza amministrativa che fa male ai cittadini, paralizza gli investimenti, impedisce di prendere decisioni cruciali su sanità e appalti del Pnrr, solo per citarne alcune. Tanto più – aggiunge – alla luce delle pesanti accuse di corruzione che, secondo gli inquirenti, coinvolgono anche la criminalità organizzata e gettano un’ombra tale da rendere impossibile attendere l’esito del processo”. Anche Antonio Tajani è intervenuto sulla vicenda. “Aspettiamo il riesame e poi lui deciderà il da farsi. Certamente da detenuti e difficile governare quindi dipenderà dall’esito del riesame”, ha sottolineato il ministro degli Esteri ospite a Prima di domani su Retequattro. Secondo il ministro della Difesa, Guido Crosetto, “Toti non può governare stando ai domiciliari, è una condizione che assieme alla pressione psicologica lo obbligherà a dimettersi”, ha detto in un’intervista a La7. Intanto, lo stesso Toti ha chiesto di essere sentito la prossima settimana dai pm di Genova dopo una prima udienza nella quale il governatore ligure, attualmente sospeso, si è avvalso della facoltà di non rispondere per completare la lettura delle migliaia di pagine di carte legate all’indagine. Se dopo l’interrogatorio dovesse essere confermata la misura cautelare, per cui Toti resterebbe ai domiciliari, le dimissioni dovrebbero essere cosa certa. Insomma, tutta la partita è rimandata all’interrogatorio. Fino a quel momento, le ipotesi restano tali.

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