Una verifica su tutte le cartelle cliniche gestite dal reparto di Neurologia del San Paolo, a partire dal primo gennaio del 2024. Un accertamento su centinaia di documenti prodotti dallo stesso reparto, quello – per intenderci – finito al centro della attenzione mediatica e giudiziaria per la storia dei pazienti legati ai propri letti di ospedale. Sabato pomeriggio di settembre, ai piani alti della Asl Napoli uno, nessuno stop. Anzi: voglia di andare a fondo, di chiarire e verificare l’esistenza di eventuali criticità rispetto a un tema delicato e complesso come il trattamento dei pazienti per contenimento. È stato il manager Ciro Verdoliva a decidere di ampliare lo spettro degli accertamenti, con un obiettivo fin troppo evidente: accertare la consistenza del fenomeno dei pazienti legati ai propri letti; tutelare dunque sia i pazienti che il personale impegnato in un ospedale di frontiera come il San Paolo. Quindi: garantire il rispetto delle regole, ma anche evitare sentenze anticipate e sommarie, a partire dalla consapevolezza dello scrupolo e della professionalità che appartiene a buona parte del personale impegnato a Fuorigrotta.

Spiega al Mattino il direttore della principale Asl della Campania: «La direzione ha ritenuto di allargare l’approfondimento delle cartelle cliniche a tutto il 2024, al fine di analizzare ogni caso per il quale si sono rese azioni di “contenimento” dei pazienti, anche alla luce delle linee guida ministeriali che prevedono questo tipo di azione a salvaguardia del paziente stesso». Una decisione, quella di estendere l’inchiesta a centinaia di cartelle cliniche, che nasce anche dall’esigenza di contribuire alla definizione delle cosiddette buone prassi, sia sotto il profilo operativo che da un punto di vista squisitamente comunicativo (a partire dal rapporto con i parenti dei pazienti legati). Una inchiesta di sistema, che ha inizio la scorsa settimana quando un ospite del reparto di Neurologia decide di lanciare l’allarme. E lo fa nell’unico modo possibile per avere un effetto immediato: realizza due filmati con il proprio telefono cellulare. Nel primo è possibile notare due anziani – parliamo di pazienti di novanta anni – legati alle staffe del proprio letto; nel secondo (un documento che non è stato pubblicato), viene inquadrato uno dei due pazienti che, in primo piano, chiede aiuto. Chiede di essere soccorso. Parole e immagini che ovviamente alimentano suggestioni negative, ma che meritano una premessa doverosa: le tecniche di contenimento degli anziani sono previste dalle linee guida, a tutela degli stessi pazienti; questo trattamento però non può essere affidato al caso, ma va calato in una precisa istruttoria che va definita e motivata e, soprattutto, va esplicitata ai parenti dei pazienti che dovranno essere legati E non è tutto. Al di là della decisione di intraprendere questo percorso, bisogna anche utilizzare gli strumenti adeguati. Difficile immaginare che per il contenimento dei pazienti sia possibile usare tessuti improvvisati, senza braccioli in grado di preservare polsi e caviglie dei pazienti.

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