Si fa presto a dire pensiero di destra. Troppo banale, non sarebbe stato consono alla platea dell’Atlantic Council. Così, nella New York scintillante del Global Citizen Award, Giorgia Meloni illustra sì il suo manifesto politico in cinque punti, ma ammantato piuttosto di liberismo, ultraconservatorismo, al più di sovranismo. Insomma, tutta merce più spendibile negli States. Comunque in grado di tornare utile nelle prossime settimane, qualora dovesse davvero cambiare la “guardia” alla White House. E allora eccoli i capisaldi del Meloni-pensiero snocciolati nella notte italiana, utili chiavi di lettura del suo agire politico (dentro e fuori i confini).

Nazione
Cavallo di battaglia evergreen dell’ideologia meloniana. Non usa mai o quasi la parola Stato, la premier. Ma Nazione. “So che non dovremmo vergognarci di difendere parole come Nazione e patriottismo – spiega dalla tribuna mentre riceve il premio – Perché significano più che un luogo. Significano uno stato della mente nel quale si appartiene a una cultura, una tradizione e dei valori condivisi”,

Patria
Dio, patria e famiglia, un tempo. Ma sul concetto di patria la leader di FdI insiste ancora parecchio. A New York l’ha declinato sotto la “P” di patriottismo, appunto. Inteso come difesa dell’identità e dei confini nazionali. Anche in questo caso, il termine tanto caro alla destra – anche quella più nera di un secolo fa – sostituisce un altro termine: Italia.

Occidente
Il West da quella parte dell’Oceano è una cosa seria e ha molto a che fare con l’identità del Paese. Ma è un valore anche questo a rischio, nell’ottica della presidente del Consiglio italiana. Da difendere, in un ideale fortino. “Il paradosso è che da una parte l’Occidente guarda se stesso con disprezzo, dall’altra spesso sostiene di essere superiore agli altri”, dice Meloni. “Il risultato è che l’Occidente rischia di diventare un interlocutore meno credibile. Il cosiddetto Sud globale sta chiedendo più influenza. Difendere le nostre radici profonde è la precondizione per raccogliere frutti maturi. Imparare dai nostri errori passati è la precondizione per essere migliori in futuro”.

Libertà
Era il mantra di Silvio Berlusconi. Un po’ meno della destra tradizionale italiana. Meloni lo ha fatto proprio, declinandolo alle esigenze e alle emergenze del nostro tempo. “In un tempo dominato dal caos, l’Italia – dice all’Atlantic Council – si schiera fermamente al fianco di chi difende la propria libertà e sovranità, non solo perché è giusto farlo, ma anche perché è nell’interesse dell’Italia e dell’Occidente impedire un futuro in cui prevalga la legge del più forte”, ha assicurato, evocando l’Ucraina.

Sovranismo
Tra lei e Matteo Salvini, in Italia, c’è una bella contesa a colpi di sovranismi. Sono i due leader che incarnano il filone sempre verde della politica internazionale di questi anni Venti. Non usa mai quel termine, nel lungo discorso di New York, Meloni. Che pure lo evoca, lo sottintende. “Ricordarci chi siamo e governare ciò che accade intorno a noi”, a partire da innovazioni tecnologiche come l’intelligenza artificiale, perché – spiega – “non intendiamo cedere la nostra libertà in cambio di un maggiore comfort”. E l’alternativa al “declinismo”, come precisa. Poi c’è il nuovo Pantheon di riferimento. Snocciolato tra una citazione e l’altra. Il più inatteso: Micheal Jackson.

Elon Musk
Per Meloni è una sorta di icona della modernità, oltre che l’agognato partner per intese economiche e commerciali con l’Italia. Grande feeling tra i due. Una carezza sul viso al momento della consegna del riconoscimento. Lui ha cercato di ricambiare con un complimento mal riuscito (“Ancor più bella dentro che fuori”). Due visite in Italia nell’ultimo anno e ieri il Global Citizen Award consegnato dalle sue mani. Mani non casuali: il tycoon è tra i big sponsor, forse il principale, del repubblicano Trump nella corsa alla Casa Bianca. E la scelta della leader di Musk è sembrata perciò tutt’altro che casuale.

Ronald Reagan
Immancabile la citazione per la “repubblicana” Meloni: il quarantesimo presidente degli Stati Uniti (dall’81 all’89), morto nel 2004, è stato chiamato in causa per una celebre frase in chiave identitaria. “Reagan una volta disse: dobbiamo renderci conto che nessun arsenale, o nessuna arma nell’arsenale del mondo, è così formidabile come la volontà e il coraggio morale di uomini e donne liberi. È un’arma che i nostri avversari nel mondo di oggi non hanno. Non potrei essere più d’accordo. La nostra libertà e i nostri valori, e l’orgoglio che proviamo per loro, sono le armi che i nostri avversari temono di più”.

Giuseppe Prezzolini
Scrittore italiano con cittadinanza americana (accusato di essere un agente fascista, poi scagionato), è morto nel 2020, è stato caro anche all’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Chi sa conservare non ha paura del futuro, perché ha imparato le lezioni del passato”, è una delle sue massime celebri richiamate dalla premier, che lo ha definito con una certa enfasi “forse il più grande intellettuale conservatore nell’Italia del Novecento”.

Michael Jackson
Da ex ragazza anni Ottanta, Meloni ha inserito nella sua gallery, un po’ a sorpresa, la popstar per antonomasia dell’America di quegli anni. Improvvisa anche un passaggio canoro del celebre “Man in the mirror”, durante il discorso di ringraziamento per la consegna del premio. “In breve, come diceva il mio professore di inglese, Michael Jackson, inizio con l’uomo allo specchio, gli chiedo di cambiare modi, dobbiamo iniziare da noi stessi, sapere chi siamo veramente e rispettarlo, in modo da poter capire e rispettare anche gli altri”. Chissà che la star scomparsa nel 2009 non possa ispirare, in uno dei prossimi discorsi della premier, anche l’ideale di una società multiculturale. Proprio come quella che da secoli è l’anima e l’essenza degli Stati Uniti d’America.

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