Giorgia Meloni lo aveva detto: «Non ci faremo fermare dai giudici». E così nelle prossime ore ripartirà la missione Albania: la nave della marina militare Libra ha lasciato il porto di Messina e già da lunedì dovrebbe essere operativa nel Mediterraneo centrale, davanti alle coste libiche. Se, come pare possibile viste anche le buone previsioni meteorologiche (in questi giorni invece il mare non era stato clemente: sono arrivate appena 300 persone in poco meno di due settimane), saranno intercettati barconi, la Libra farà rotta sull’Albania per accompagnare i migranti nel centro di permanenza per il rimpatrio di Shengjin. «Una provocazione» dicono le opposizioni, giocando il ruolo di facili oracoli per quello che accadrà nella prossima settimana. E cioè un nuovo braccio di ferro istituzionale: da un lato l’esecutivo che vorrà imporre il modello Albania. Dall’altro la magistratura che non potrà che applicare la legge. E cioè, come è già accaduto, considerare preminente la norma europea e dunque non rendere possibile il rimpatrio dei migranti da Tirana in paesi considerati non sicuri.

La superiorità della legge europea
Non sposta infatti le carte in tavola — secondo il parere della maggior parte degli esperti — il decreto legge del 21 ottobre che, sostituendo un decreto ministeriale, ha definito con una norma primaria la lista dei paesi sicuri. «Ma esiste sempre la legge europea che è superiore» spiega l’avvocato Fulvio Vassallo Paleologo, tra i massimi esperti di diritti dell’immigrazione. Non a caso la Lega ha provato, più che come provocazione che per altro, a modificare gli articoli 11 e 117 della costituzione, «allo scopo di affrancare il nostro paese dal rispetto del diritto europeo» ha denunciato il capogruppo del Movimento 5 stelle in commissione Affari costituzionali, Alfonso Colucci.

Uno scenario già visto
C’è poi attesa per la decisione della corte di giustizia della Ue che ha ricevuto dal tribunale di Bologna il nuovo decreto del governo. Doppio il quesito all’attenzione dell’Europa: stabilire i parametri che definiscono un paese sicuro ed esprimersi sul principio del primato europeo in caso di contrasto con le normative nazionali. Sembrava che il governo, prima di rilanciare la missione Albania, avrebbe atteso la decisione Ue, prevista per fine novembre. Ma così non è stato. Dunque: la Libra è partita. E quando trasporterà i nuovi migranti in Albania si riproporrà quanto già accaduto nelle scorse settimane: il tribunale di Roma difficilmente potrà sconfessarsi convalidando il trattenimenti dei profughi nel centro. «Proveranno a portare i tunisini», ironizza ma non troppo Vassallo Paleologo. Perché proprio sulla Tunisia, paese non sicuro, c’è un dibattito in corso (i 12 arrivati in Albania nella prima tranche erano egiziani e bengalesi) anche se le ultime sentenze considerano tutte il paese di Kais Saied rischioso per alcune minoranze.

La solidarietà degli avvocati
La tensione cresce a tal punto che ieri è stata disposta la vigilanza generica per la giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma Silvia Albano, tra le firmatarie del primo provvedimento di rimpatrio. Da giorni riceve pesanti minacce. Domani a Bologna ci sarà un’assemblea straordinaria di solidarietà, dopo gli attacchi del governo, ai giudici che avevano sollevato la questione davanti alla corte europea. Magistrati che per una volta registrano persino la solidarietà degli avvocati. «È francamente impossibile vedere nella decisione dei giudici un attacco alla politica», ha detto il presidente delle camere penali, Francesco Petrelli. «Il punto è che al governo spetta gestire le politiche migratorie ma la magistratura non può che rispettare le norme costituzionali e comunitarie che tutelano i diritti fondamentali» spiega il segretario di Area, la corrente progressista della magistratura, Ciccio Zaccaro. «Serve un clima di rispetto dei ruoli» ha invece sottolineato il segretario generale dell’Anm, Salvatore Casciaro.

Alzare la temperatura contro le toghe
Secondo le opposizioni questi attacchi potrebbero però non essere un caso: il governo avrebbe scelto di alzare la temperatura contro la magistratura. Lo dimostrerebbe anche un emendamento della Lega sulla separazione delle carriere. E hanno denunciato ieri Enrico Borghi (Iv), Ilaria Cucchi (Avs) e Walter Verini (Pd) un articolo (il 31) del ddl sulla cybersicurezza che consentirebbe ai servizi di «spiare le procure». «Si consente di accedere alle banche dati senza alcun controllo giudiziario: si tratta — dicono — di apparati che rispondono ai governi in carica pro tempore. E che potrebbero così, per non meglio precisate ragioni di sicurezza, violare i segreti investigativi».

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