I giudici della Corte europea di Strasburgo si sono pronunciati contro la Germania in un caso di suicidio assistito ‘negato’. Un uomo, Ulrich Koch, aveva sfidato il divieto tedesco di aiutare attivamente gli aspiranti suicidi nell’interessa di sua moglie, una donna paralizzata da anni per un incidente, morta nel 2005 in Svizzera.
I giudici non si sono pronunciati sul divieto, ma hanno detto che i colleghi tedeschi avrebbero dovuto esaminare la richiesta di Koch. Sulla questione del suicidio assistito, i giudici hanno stabilito che spetta alle singole nazioni decidere. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Germania a pagare al signor Koch 2.500 euro di danni e 26.736 euro per le spese legali. C’e’ stata, infatti, una violazione dell’articolo otto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, a causa del rifiuto dei giudici tedeschi di esaminare la fondatezza della richiesta del signor Koch, secondo la sentenza. Dopo aver subito una brutta caduta nel 2002 la moglie dell’uomo era rimasta paralizzata, sottoposta a ventilazione artificiale e cure costanti. Una situazione intollerabile per la donna, che voleva mettere fine alla sua vita. Ma dall’Istituto federale tedesco per i farmaci e i dispositivi medici si sono rifiutati di consentirle l’assunzione di pentobarbital di sodio. Alla fine la coppia si e’ rivolta alla Dignitas in Svizzera, dove la donna e’ morta nel 2005. “La sentenza di Strasburgo e’ solo procedurale, in quanto i giudici hanno notato che non c’e’ consenso in Europa sull’eticita’ del suicidio assistito”, nota la Bbc online. La Corte ha rilevato che solo quattro dei 42 Stati del Consiglio d’Europa permettono ai medici di prescrivere un farmaco letale per consentire al paziente di porre fine alla propria vita.