E’ di almeno 175 morti il bilancio, ancora provvisorio, dell’ennesima giornata di violenze in Siria. Lo denunciano gli attivisti della Lega siriana per i diritti umani, citati dalla tv satellitare al-Jazeera. Sulla loro pagina Facebook gli attivisti dei Comitati di coordinamento locale in Siria

scrivono che la maggior parte delle vittime, almeno 59, si e’ registrata a Damasco e nei suoi sobborghi. In precedenza gli stessi Comitati avevano parlato di un ”massacro” a opera delle forze del regime siriano nella zona di Almoadamyeh, sobborgo a sudest della capitale, dove “sono stati rinvenuti i cadaveri di 40 persone”. Secondo i Comitati altre 42 persone sono rimaste uccise ad Aleppo, per lo piu’ a Herak. Il resto delle vittime si conta tra le zone di Dayr az-Zor, Homs, Hama, Latakia e Idlib. La sua missione era ”raccontare gli invisibili”, le vittime involontarie dei conflitti: i piu’ deboli, le donne e i bambini. Questa visione e’ stata fin dagli inizi la spinta di Mika Yamamoto, l’inviata giapponese colpita a morte ieri in Siria nel corso di un duro scontro ad Aleppo tra ribelli e forze governative, per raggiungere fronti caldi come l’Iraq, con i reportage sulla vita delle persone sotto i bombardamenti nel pieno della guerra del Golfo, l’Afghanistan, per denunciare la condizione delle donne sotto il pugno di ferro dei talebani, e il Kosovo dilaniato dagli scontri etnici. Le corrispondenze dall’Iraq, dove nel 2003 si salvo’ dal bombardamento dell’Hotel Palestine, le valsero il Vaughn-Ueda, il riconoscimento promosso dagli editori giapponesi sul modello del Pulitzer Usa. Una veterana, prudente, misurata e soprattutto una pioniera del videoreporting (”uno strumento diretto e di verita”’): ”Una reporter fantastica che adorava il suo lavoro”, ha detto in lacrime suo padre Hiroshi, giornalista in pensione dell’Asahi Shimbun. ”Voglio rivederla quanto prima, sono orgoglioso di lei”, ha aggiunto, poco dopo aver saputo del tragico evento. ”Era determinata a tornare viva per raccontare le storie vere di donne e di bambini sui campi di battaglia”. Ospite di un programma della tv pubblica Nhk, Yamamoto, solo tre mesi fa, aveva espresso preoccupazione sul braccio di ferro in Siria a causa dei ”segnali che lasciano intravedere un preoccupante scenario di guerra civile”. Aveva anticipato che vi si sarebbe recata per ”osservare e raccontare”. Cosi’ e stato. Ieri ha lasciato la Turchia per ritornare in Siria in compagnia di Kazutaka Sato, collega di viaggio e di lavoro, nonche’ testimone oculare della tragedia. ”Abbiamo visto – ha raccontato Sato ancora sconvolto dall’accaduto – un gruppo di persone, 10-15, in tuta mimetica correre verso di noi e dagli elmetti sembravano soldati governativi. Erano a soli 20-30 metri di distanza o anche piu’ vicino. Lei era a 3 metri da me: le ho detto di correre, ci siamo separati e non l’ho piu’ vista. Poi mi hanno detto di andare all’ospedale, e ho visto il suo cadavere”. Le edizioni pomeridiane dei principali quotidiani giapponesi, dallo Yomiuri all’Asahi, hanno voluto rendere omaggio in prima pagina al coraggio di una giornalista morta a 45 anni e ”che – hanno scritto – sapeva dare voce alle donne e ai bambini” in contesti tragici e sanguinosi. Sul sito della Japan Press, la ‘sua’ piccola agenzia di stampa indipendente con forte attenzione a Medio Oriente, Balcani e Asia sudoccidentale, c’e’ il piccolo banner rosso che ricorda ‘la copertura della guerra civile in Siria’. Poco piu’ sotto l’annuncio, l’ultimo, dello speciale trasmesso il 19 agosto sul network NTV.

 

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