Una denuncia, presentata da una sorella al procuratore di Brindisi, riporta all’attenzione ad oltre 30 anni il caso della morte di Palmina Martinelli, la ragazzina di 14 anni di Fasano (Br), morta a seguito delle ustioni provocate nella sua abitazione dall’alcool, e che secondo la Cassazione, si sarebbe suicidata.
La vicenda, che e’ stata anche ricostruita con grande risalto dalla trasmissione “Chi l’ha visto”, ebbe inizio l’11 novembre 1981, quando la ragazzina fu ricoverata in gravissime condizioni al Policlinico di Bari, per ustioni sul corpo. Durante la lunga agonia – Palmina mori’ il 2 dicembre- riusci’ a denunciare di essere stata cosparsa di alcool da due persone, a seguito del suo rifiuto di prostituirsi. Per la morte della ragazza furono arrestate alcune persone, e nel dicembre del 1983 la Corte d’Assise di Bari assolse cinque persone, accusate a vario titolo, della tragica fine di Palmina, sentenza poi confermata anche negli altri gradi di giudizio. La sorella di Palmina, nella denuncia al procuratore di Brindisi, evidenzia che solo due anni fa e’ venuta a conoscenza da un’amica di Palmina, residente da tempo in Germania, che il giorno della ‘disgrazia’, entrambe avevano organizzato una fuga da casa, per sottrarsi al degrado e al pericolo di essere ‘vendute’ per un giro di prostituzione. Una consulenza tecnica del prof. Vittorio Pesce Delfino, anatomopatologo dell’Universita’ di Bari, sulla base dell’analisi delle immagini computerizzate delle ustioni sul corpo di Palmina, ha evidenziato attraverso confronti e corrispodenze incrociate che la ragazza non avrebbe fatto uso delle mani per tentare di soffocare le fiamme sul corpo, ipotizzando cosi’ l’ipotesi omicidiaria e non quella del suicidio. Palmina non potrebbe essersi data fuoco da sola, “stante la posizione ravvicinata delle parti anatomiche considerate mentre si era gia’ sviluppata la fiamma, evidentemente appiccata da altri allo stato ancora ignoti”.