Dopo settimane di riflessione, nonostante molti dei suoi lo sconsigliassero, Nichi Vendola rompe gli indugi e decide di correre alle primarie. “Una bella giornata” per Pier Luigi Bersani, che raccontano si sia speso per il sì di Vendola per evitare una conta con Matteo Renzi.
Ma la candidatura del leader di Sel ha l’effetto di far “inorridire” Pier Ferdinando Casini, ormai su un binario diverso rispetto al Pd, e di aumentare la confusione tra i democrats con il rischio, temuto da molti, di un ‘agguato’ all’assemblea di sabato prossimo per far saltare il numero legale sulle regole. A convincere Nichi Vendola a partecipare alle primarie, nonostante i sondaggi lo diano dopo Bersani e Renzi, è stata la disponibilità ad un bis, espressa dal premier Mario Monti e accompagnata da grandi manovre al centro. “Accetto la sfida – annuncia sul suo sito – per scacciare il fantasma del Monti bis e per trasformare le primarie da ennesima faida di partito ad occasione di svolta per il paese”. Una sfida che il governatore pugliese corre “per vincere” e che evita al Pd il rischio di primarie solo di partito, di fatto un congresso straordinario, visto che anche l’altro outsider Bruno Tabacci non avrebbe corso se i candidati fossero stati solo del Partito Democratico. Pier Luigi Bersani, impegnato a partire dalla riforma elettorale ad evitare “altri governissimi” che porterebbero il paese nella “palude”, saluta con favore uno sfidante alla sua sinistra anche se per il leader Pd Monti non è un fantasma da cacciare ma una risorsa con la quale “vogliamo avere un rapporto assolutamente amichevole”. Chi, invece, vuole che il Professore vada avanti è Casini che invece considera Vendola “politicamente inadatto a poter governare il paese”. “Io stimo Bersani – rincara il leader centrista – ma non sono convinto, e anzi inorridisco, all’idea che il futuro possa essere affidato all’alleanza tra Bersani, persona ragionevolissima, e Vendola”. Stroncatura che fa reagire Bersani in difesa dell’alleato: “Eppure Casini non inorridiva quando era al governo con Berlusconi…”. E apre un botta e risposta tra il governatore pugliese, che taccia il presidente centrista di non aver mai governato in vita sua, e l’ex presidente della Camera che ribatte di “aver servito lo Stato con imparzialità”. Schermaglie da campagna elettorale che non aiutano il clima già acceso dentro il Pd. A dare fuoco alle polveri, oltre ai montiani del Pd che in nome del Prof rifiutano l’agenda di sinistra di Vendola, sono gli ex Ppi, guidati da Fioroni. “Non possiamo fare primarie con chi dice mai alleati con i moderati e capovolgere l’agenda Monti così corriamo il rischio della gioiosa macchina da guerra del ’94”, avverte l’ex ministro. Tensioni che rischiano di scaricarsi sull’assemblea di sabato. L’allarme, che gira tra i democrats, è che chi è contrario allo schema che va delineandosi faccia mancare il numero legale intorno ai 497 membri. Senza questi numeri non si potrebbe votare la deroga che permette a Matteo Renzi di candidarsi né le firme necessarie, circa 20 mila, per presentarsi. D’altra parte sembra ancora molto lontano l’accordo, che si cercherà domani, tra i sostenitori di Bersani, che vogliono un albo pubblico degli iscritti e il doppio turno, e i renziani che sentono odore di “stalinismo” per bloccare la corsa del sindaco “rottamatore”. Il quale, fa comunque sapere che, all’assemblea non ci sarà preferendo proseguire il suo tour.