In tempi di addii alla politica e rottamati illustri, è bastata una nomina per scatenare un putiferio. Giovanna Melandri sarà il nuovo presidente del Maxxi, il museo delle arti del XXI secolo di Roma, e l’annuncio del ministero dei Beni Culturali ha provocato una valanga di proteste di Pdl, ma anche Udc, Idv e Sel, per la scelta caduta su un politico di professione e, soprattutto, su una degli esponenti Pd di lungo corso (con cinque legislature alle spalle), che, come i colleghi Walter Veltroni e Massimo D’Alema, potrebbe non candidarsi più alle prossime elezioni.
Insomma – è l’accusa degli avversari politici – un modo di riciclarsi di fronte allo spettro della disoccupazione. In serata il ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi cerca di placare le polemiche: “Ho scelto come nuovo presidente del Maxxi il Ministro per i beni culturali – dice – che ha avuto il merito di avviarne il progetto ed intuirne le potenzialità. Ritengo che attingere alle competenze acquisite e consolidate sia il modo migliore per guardare al futuro. Giovanna Melandri, in modo particolare, possiede anche una conoscenza di quei meccanismi internazionali, che sono essenziali per il rilancio di questa straordinaria istituzione culturale”. La diretta interessata invece preferisce non replicare alle critiche, fa sapere – attraverso il suo staff – “di non aver mai espresso esplicitamente l’intenzione di ritirarsi dalla vita politica, ma di aver detto solo che si sarebbe battuta contro il Porcellum e forse questa frase è stata fraintesa”. La settimana scorsa, inaugurando la fondazione ‘Uman Foundation’, Melandri aveva detto che non si trattava di un addio alla politica, ed è tra i 22 “veltroniani” che firmano il documento di sostegno al segretario Bersani. Melandri si limita a ringraziare Ornaghi e garantire che lavorerà “con passione”, rivendicando a sua volta la sua scelta di istituire, nel luglio del 1999, “il centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee, da cui il Maxxi prese le mosse”. La nomina di Melandri pone fine alla gestione straordinaria del Maxxi decisa cinque mesi fa tra le proteste per la sostituzione di Pio Baldi, alla luce dei conti in rosso e del calo di visitatori (a fine anno è atteso un -22%). Proprio due giorni fa il commissario Antonia Pasqua Recchia aveva annunciato, insieme all’approvazione del bilancio preventivo con un leggero utile a fine anno, nuovi sponsor e nuove mostre, “il ritorno alla normalità”. Al momento, però, questo approdo non sembra così scontato. Il Pdl chiede espressamente al ministro di fare marcia indietro e a Melandri di rinunciare all’incarico. Maurizio Gasparri parla di “selvaggia lottizzazione”. Per Fabrizio Cicchitto “questo Governo non ha il nostro voto per risolvere problemi di organigramma e magari di rinnovamento del Pd”. Non manca l’ironia. “E adesso aspettiamoci che il ministro Ornaghi proponga D’Alema per il Teatro alla Scala”, è il commento del senatore Stefano De Lillo. Accuse arrivano anche dagli altri partiti. Per Nichi Vendola si tratta di “un problema stilisticamente complicato da digerire”, mentre Giulia Rodano dell’Idv parla di “nomina opaca” e Gian Luca Galletti dell’Udc di “scelta inopportuna”. Dal Pd, Luigi Zanda e Vannino Chiti sottolineano le competenze dell’ex ministro, ma Matteo Orfini chiarisce: “Le scelte del ministro sono state prese in totale autonomia e il Partito democratico le ha apprese a cose fatte”. Dai Direttori dei musei associati ad Amaci – l’Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani arriva invece un augurio di buon lavoro.