NAPOLI – Al Teatro Nuovo di Napoli un grande attore per uno dei massimi drammaturghi del Novecento: Glauco Mauri porta in scena, da mercoledì 30 gennaio 2013 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 3 febbraio), Da Krapp a Senza parole, uno spettacolo che comprende il prologo e quattro atti unici di Samuel Beckett, lo scrittore irlandese cui fu assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1969. Con Mauri, che cura anche la regia, sarà in scena l’inseparabile Roberto Sturno.

Con questa messa in scena, presentata dalla Compagnia Mauri-Sturno, Mauri ripercorre, praticamente, tutta la sua lunga vicenda teatrale. Fu, infatti, il primo attore italiano a portare in scena, negli anni ’60, i capolavori del grande drammaturgo irlandese. Ed è toccante che in “L’ultimo nastro di Krapp”, nel quale un personaggio solitario dialoga con la propria voce registrata anni prima al magnetofono, l’attore si trovi a confrontarsi proprio con la registrazione di quella lontana messa in scena, quindi col se stesso del 1961, quando la pièce venne presentata con la regia di Franco Enriquez.

Di questo nuovo allestimento fanno parte: Il prologo, in cui è Beckett stesso che ci parla, raccontato attraverso alcune sue dichiarazioni da Glauco Mauri e Roberto Sturno. Atto senza parole e L’ultimo nastro di Krapp, due testi relativamente brevi al confronto di altri famosi capolavori, sono forse le opere che più chiaramente esprimono alcuni aspetti del mondo di Beckett.

Nello stupito, grottesco silenzio di Atto senza parole l’uomo beffato e ingannato dalla vita che sembra sempre soccorrerlo, ma poi sempre lo delude, trova la sua commovente dignità nel rifiuto e nella voluta solitudine. Ne L’ultimo nastro il vecchio Krapp ascolta una bobina che ha registrato tanti anni fa: la sera del suo 39º compleanno. Riaffiorano persone, visi ormai sbiaditi dal tempo, si riscoprono sentimenti, e, tra questi, ormai dimenticata, una storia d’amore. La bobina finisce e Krapp rimane disperatamente solo nel buio della sua “vecchia tana” piena di bobine che raccontano la storia della sua vita ma che finiranno sempre col rimanere vuote. Respiro. Un cumulo di macerie. Pochi secondi, è la vita. La vita che passa tra il primo vagito e l’ultimo respiro. Ma in quale mondo. In Improvviso dell’Ohio, il titolo lo si deve perché il testo fu scritto per l’Università Columbus dello stato dell’Ohio e lì rappresentato per la prima volta per festeggiare i settantacinque anni di Beckett, un uomo (il Lettore) legge un libro ad un altro uomo (l’Ascoltatore) per aiutarlo a sopportare il dolore di un’assenza dolorosa,

Beckett è certamente un innovatore nella storia del Teatro. Con le sue opere ha mostrato un nuovo modo di interpretare il rapporto tra la vita e l’uomo: una visione grottesca, che spesso sfocia in una disperata comicità, dell’uomo e la sua fatica del vivere.

I testi di Beckett sono presentati nelle storiche traduzioni di Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Le musiche sono a cura di Germano Mazzocchetti, l’impianto scenico di Francesco De Summa, le luci di Gianni Grasso.

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